Ischitella

Oggi vi stupirò con un post del tutto sentimentale-geografico 😀

Esattamente due anni fa ho conosciuto un ragazzo che credo non dimenticherò mai.Ora non ci sentiamo praticamente più ed io sono follemente innamorata del mio fidanzato,però non passa giorno senza che io ci pensi (e non in maniera sentimentale).

Questo ragazzo è di Ischitella ed è per questo che oggi vi parlerò di questo paesino in cui spero di andare un giorno.

Inoltre una mia collega mi ha raccontato l’inizio della sua storia d’amore,nata proprio qui ❤

Destiny?

Ischitella deriva dal pugliese (l)isca, ossia “isola” con il significato di “terra tra due fiumi”. Secondo altri potrebbe derivare dal latino aesculus, ossia quercia, con l’aggiunta del suffisso -etum.
Piccolo borgo che sorge su un promontorio all’interno del Parco Nazionale del Gargano,  famosa per i meravigliosi panorami che si godono dal suo abitato e per le spiagge sulla costa.

La sua posizione strategica gli ha dato il compito di postazione difensiva, infatti nel periodo svevo, il nome ischitella era accompagnato dal termine “castum”. La collina su cui sorge è ricca di ulivi non a caso all’ingresso del paese è posta un’insegna che indica il suo status di città dell’olio.

Dal centro abitato si gode di una vista che spazia dalle colline circostanti al mare Adriatico fino alle Isole Tremiti e al lago di Varano con il suo istmo.

Tra i monumenti presenti ad Ischitella c’è da visitare la Chiesa del Crocifisso, posta su un’altura da cui si può ammirare il Lago di Varano.

Urbanisticamente la città presenta una parte vecchia detta “La Terra” e un rione nuovo chiamato “Ponte”. Duplice il toponimo della città: Ischio (quercia), tellus (terra); Schit (lemma dialettale: solo), tellus. Si avrebbe, quindi la voce “Terra della Quercia” o “Terra solitaria”. Il tessuto economico della città oggi è costituito dall’agricoltura, integrata dall’attività peschereccia e commerciale.

Durante il periodo estivo Ischitella è una delle località più frequentate della regione, grazie alle sue spiagge ed ai servizi che offre, oltre al silenzioso e fresco faggeto.

Qui il sito officiale.

Ischitella è situata nel versante nord del Gargano, una sorta di anfiteatro naturale che dolcemente degrada verso l’adriatico e verso il lago Varano dominando dall’alto dei suoi 314m s.l.m., alle spalle fanno da corona i boschi, ultime propaggini della foresta Umbra. Il territorio, molto vario, comprende una vasta zona pianeggiante verso il lago di Varano, una zona ondulata di bassa collina, le cosiddette coppe coltivate ad uliveti, ed una zona collinare di maggiore altitudine, i tuppi coperti da macchia e da boschi. Due torrenti attraversano la zona da est a ovest: il Romandato e lo Scarcafarina. Il Romandato sfocia nell’Adriatico tagliando nell’ultimo tratto il territorio di Rodi G., lo Scarcafarina sbocca nel lago Varano con il nome di Correntino.
Ricca di sorgenti come: la fontana (a funtan), l’acqua delle anitre (d’acqa d’andr), la grotta del tasso (a grott u’tass) e le fontanelle (i funtanedd’) per citarne alcune. Altra chicca naturalistica è la faggeta depressa della folicara (a fulcar) sul percorso dell’omonimo torrente, dove il faggio, pianta che tipicamente cresce a quote superiori ai 600m s.l.m., è presente a quota 160m s.l.m. rendendola la faggeta più bassa d’Europa. Sempre continuando sull’aspetto naturalistico e ambientale particolare attenzione meritano l’istmo di Varano con le sue dune ricche di macchia mediterranea ed il torrente Romandato.

Dal centro abitato si gode di una vista che spazia dalle colline circostanti al mare Adriatico fino alle isole Tremiti e al lago di Varano con il suo istmo. In alcune giornate particolarmente limpide si arriva a vedere, in direzione nord-ovest, la costa adriatica del Molise e dell’Abruzzo, mentre guardando in direzione nord-est si riesce a vedere la costa dalmata.

Dista dal capoluogo circa 97 km. Fa parte del Parco Nazionale del Gargano e della Comunità Montana del Gargano. Inoltre vi ha sede la “Riserva Statale Ischitella e Carpino”, istituita nel 1977.

Le origini e il nome
Il primo documento storico che ricorda Ischitella è una bolla di papa Stefano IX, del 1058, il quale pone sotto la protezione della Santa Sede l’abazia di Calena in agro di Peschici e tra i possedimenti di questa è ricordata anche la cella benedettina di S. Pietro di Ischitella.
Il nome del paese lo si fa derivare comunemente da “ischio”, una specie del genere Quercus; difatti un albero è rappresentato sullo stemma della città.

Centro storico 
Il centro storico di Ischitella presenta una struttura urbanistica molto regolare. Ha una pianta ovoidale e bene si adatta all’andamento della collina sulla quale sorge. Un asse viario centrale e rettilineo con direzione est-ovest rappresentato da via Roma e via Del Conte lo percorre per tutta la sua estensione. Esso collega il sito dove sorgevano la Porta Grande e la Porta di Levante o porta del Ponte, nei pressi del castello, con la Portella o Porta di Ponente. Nella parte centrale del suo percorso l,asse viario si dilata per far posto alla chiesa matrice.
Da questo asse che corre lungo il crinale della collina si dipartono a pettine, a destra e a sinistra di esso, numerose stradine parallele tra loro. Esse sboccano in un’altra strada che corre all’interno dell’antica cinta muraria lungo tutto il suo perimetro. Quest’ultima è chiamata Sottana. Nella parte rivolta a nord è chiamata Sottana delle Carceri ed è l’attuale via Pietro Giannone; nella parte rivolta a sud prende il nome di Sottana dei Fossi e corrisponde a via Cesare Turco.
Si è già fatto cenno alle tre porte del paese. Esiste una quarta porta, non aperta nella cinta muraria, ma disposta in senso trasversale ad essa, ed è chiamata porta del Rivellino.
Nel medioevo il paese era circondato da una cinta muraria rafforzata da torri tutte a pianta quadrangolare tranne due che erano a pianta circolare e che esistono ancora. Dalla planimetria di Matteo Serra alla fine dell’800 si rileva che il lato sud della cinta muraria era sprovvisto di torri. Da questo lato però il paese era protetto da una seconda cinta muraria che partiva dal castello e si congiungeva col Rivellino.
Il castello occupava l’area sulla quale ora sorge il palazzo Ventrella ed era posto a difesa della parte più debole del paese. In questa parte la cinta muraria era rafforzata da un fossato che in corrispondenza della porta di levante era scavalcato da un ponte levatoio. Di qui il nome di Porta del Ponte.
L’attuale centro storico ricalca fedelmente il tessuto urbano medioevale, poco però è rimasto di quell’epoca perché il 31 maggio 1646 un disastroso terremoto distrusse quasi completamente il paese e “molti rimasero oppressi”. Crollò il castello, crollò il palazzo baronale e la stragrande maggioranza delle case o furono distrutte o rimasero gravemente danneggiate. Perciò si può dire con buona approssimazione che le costruzioni del centro storico sono in gran parte posteriori al 1646. Forse le strutture che meglio resistettero al sisma furono la cinta muraria e le torri di difesa e ciò possiamo ipotizzare dal fatto che nessun cenno si fa nei documenti che ricordano l’evento di crolli avvenuti a danno di quelle strutture tranne cheper una grossa torre nel castello. Se fossero crollate altre torri o tratti di cinta muraria, forse se ne sarebbe fatta menzione dato che le fortificazioni rivestivano in quell’epoca grande importanza.
All’inizio del Settecento alla originaria cinta muraria furono addossate abitazioni e questa assunse l’attuale aspetto. Sono tuttavia ancora riconoscibili in buona misura le torri di difesa che rafforzavano la cinta muraria stessa.

Palazzo Ventrella 
Il palazzo Ventrella, che fu dei principi Pinto, sorge sui ruderi dell’antico castello crollato per il terremoto del 1646. La facciata barocca molto elegante guarda guarda verso piazza De Vera D’Aragona.
Il palazzo fu costruito dal principe Francesco Emanuele Pinto nel 1714.
Come era il castello lo sappiamo da una descrizione contenuta in una perizia del 1661. Esso aveva una pianta a L, cioè con due ali che si riunivano ad angolo retto e che delimitavano da due lati un ampio cortile chiuso dagli altri due lati da un muro. Delle due ali una era disposta verso levante e l’altra verso mezzogiorno. Il castello aveva tre torri. La prima era posta a guardia della Porta di Levante e del ponte levatoio e doveva sorgere in corrispondenza del lato sinistro della facciata dell’attuale palazzo. La seconda torre esiste ancora, è a pianta circolare ed è posta all congiunzione delle due ali del vecchio castello. La terza torre era posta a guardia della Porta Grande sulla strada che proveniva dal Rivellino.
Francesco Emanuele Pinto, sfruttando ciò che era rimasto del vecchio castello, cioé tutto il piano terra e porzione del primo piano, costruì delle fondamenta l’ala nord e l’ala ovest del suo palazzo, ristrutturò e sopraelevò le altre due ali, cioè quella di levante e quella di mezzogiorno.
Il palazzo fu danneggiato da un furioso incendio nel 1804. Nella prima metà dell’800 sono state fatte delle aggiunte ch in parte ne alterano la linea settecentesca.
L’interno del palazzo è stato in gran parte ristrutturato dalla famiglia Ventrella e al secondo piano si conservano ancora in buono stato grandiosi saloni con i soffitti finemente decorati e arredati con mobili d’epoca.

Qui invece un sito dove sono segnalati i principali luoghi di culto!

Ci siete mai stati?

Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo marzio

Questa,insieme a Santa Maria Maggiore,è SICURAMENTE la mia chiesa preferita al mondo.

Sant’Ignazio di Loyola a Campo Marzio (latino: S. Ignatii de Loyola in Campo Martio) è una chiesa barocca di Roma; è adiacente al collegio romano di cui era cappella universitaria e affaccia sulla caratteristica piazza Sant’Ignazio,

La chiesa fu costruita nel 1626 sull’antica chiesa dell’Annunziata che era divenuta troppo piccola per l’afflusso degli studenti del collegio romano. I lavori cominciarono nel 1626 e fu dedicata a Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, che era stato canonizzato il 12 marzo 1622.

 L’edificio è stato più volte attribuito a vari architetti : DomenichinoAlessandro AlgardiGirolamo Rainaldi; tuttavia, dopo recenti studi si è appurato che il progetto fu redatto dal gesuita Orazio Grassi, architetto, matematico e astronomo, famoso per essere stato avversario di Galileo Galilei. Questi fu per molto tempo anche direttore dei lavori; gli subentrò un altro gesuita, il Sasso, che ne continuò l’opera apportando tuttavia, alcune modifiche al disegno originale.

Descrizione

La facciata della chiesa è strutturata su due ordini, l’inferiore e il superiore. Nella parte inferiore sono collocate tre aperture che permettono l’accesso all’edificio; queste porte sono sormontate da timpani curvilinei impreziositi da raffinati festoni; in particolare è sottolineata la porta centrale, affiancata da due grandi colonne con capitelli corinzi. Nella parte superiore, allineata con la porta centrale, vi è una gran finestra che permette alla luce di entrare nella chiesa illuminando la navata. Sempre nella parte superiore, alle estremità di entrambi i lati, sono da notare le grandi volute riverse, molto simili a quelle ideate dalla genialità di Leon Battista Alberti per la basilica di Santa Maria Novella a Firenze.

Lunga 81,5 m e larga 43 m, la chiesa ha la forma di croce latina con presbiterio absidato e sei cappelle laterali, tre a sinistra e tre a destra. La chiesa è molto nota per i trompe l’œil di Andrea Pozzo. Quando si osserva in alto, stando in piedi nel punto marcato a terra da un disco dorato posto nel pavimento della navata, si può ammirare la simulazione prospettica di un secondo tempio, sovrapposto al primo, quello reale della chiesa; quest’architettura simulata è articolata su due ordini, uno inferiore e uno superiore, e con un sinuoso movimento di colonne, archi e trabeazioni, si protende verso l’alto dove, in una luce aurea, è raffigurata la Gloria di Sant’Ignazio, con Cristo che manifesta lo stendardo della croce. Dal costato del Cristo s’irradia un fascio di luce che illumina Ignazio, dal quale a sua volta, si diparte verso quattro figure allegoriche intorno a lui che rappresentano i quattro continenti allora conosciuti.

Un altro segno nel pavimento, un po’ più avanti verso l’altare, contrassegna il punto per l’osservazione ideale di una seconda tela prospettica, sopra la crociera, che riproduce l’immagine di una cupola. Infatti, la maestosa cupola in muratura prevista dal progetto, forse per motivi economici, non venne mai realizzata. Si dice anche che siano stati gli abitanti del luogo a non desiderare una cupola troppo grande che oscurasse loro il sole.

La “falsa” cupola nell’affresco di Andrea Pozzo (1685)

Oltre a questi capolavori di pittura prospettica, sono da notare le sei cappelle situate lungo le navate laterali che, con elegante proporzione e sontuosità, rendono l’intero impianto architettonico più completo e armonioso.

Nell’abside sono rappresentate le scene dalla vita di Sant’Ignazio, come ad esempio, la difesa di Pamplona, in cui Ignazio fu ferito. Nella calotta dell’abside Andrea Pozzo mise in opera un altro dei suoi virtuosismi prospettici: riuscì infatti a rappresentare un’architettura fittizia con quattro colonne dritte in una superficie concava.

L’abside

Da segnalare sono anche diverse altre opere d’arte: nella controfacciata le due statue in stucco raffiguranti la Religione e la Magnificenza di Alessandro Algardi, nella seconda cappella a destra (cappella Sacripante), disegnata da Nicola Michetti, la solenne pala con il Transito di San Giuseppe di Francesco Trevisani, l’altare del transetto destro, di Andrea Pozzo, con il rilievo del San Luigi Gonzaga di Pierre Legros (a cui corrisponde, nel transetto sinistro, quello dell’Annunziata, di Filippo Valle). Ai lati del presbiterio, sulla destra, vi è la cappella Ludovisi con il monumento sepolcrale di papa Gregorio XV di Pierre Legros e quattro statue in stucco con le Virtù, di Camillo Rusconi; nel corrispondente spazio di sinistra, che da accesso alla sacrestia, è invece collocata la colossale statua in gesso di Sant’Ignazio, sempre opera del Rusconi e modello di quella eseguita in marmo per la basilica vaticana.

Nell’edificio si conservano i corpi di diversi santi della Compagnia di Gesù: Luigi GonzagaRoberto BellarminoGiovanni Berchmans. Un altro corpo conservato in sant’Ignazio è quello di Padre Felice Maria Cappello (1879 – 1962) soprannominato “il confessore di Roma”, Gesuita e docente alla Pontificia Università Gregoriana; di lui è aperta la causa di beatificazione.

Personalmente,quando entro in questa chiesa,ho diversi malori.Mai e dico MAI ho visto un tale soffitto decorato in quel modo prospettico.Giusto ieri sera ci sono entrata e,nonostante il buio,sembrava come se potessi interagire con il soffitto.

DA VEDERE.

 

Cambridge’s book :)

Troppooooooo felice!!!Un anno e mezzo fa,entrando in un college a Cambridge,lasciai un libro in italiano che avevo appena finito di leggere in un cestino di una bicicletta parcheggiata nel parco del college.Scrissi sulla prima pagina DO U LIKE IT?e sotto la mia email.Beh stanotte mi è arrivata l’email di un folle che ha trovato il libro e lo ha letto traducendo parola per parola…tant’è che c’ha messo un anno e passa (poraccio il libro era pure di 400 pagine).*_* Emotion ♥

Questo il libro:

In realtà era una raccolta di 3 libri di Baricco,ma il primo era questo 🙂

Hamleys

A Londra, in una via già completamente addobbata per Natale, c’è Hamleys, un negozio di giocattoli di 5 piani, che non può lasciare indifferenti. La domenica e nei giorni di festa è quasi impossibile entrarci.Ogni piano è pieno di giochi di ogni tipo,che in italia ancora non abbiamo visto e spesso ci sono dei ragazzi che fanno provare i giochi, e ne dimostrano le possibilità, il che lo rende un po’ più interattivo dei negozi di giocattoli a cui siamo abituati noi.Tutto il negozio è pronto al Natale, con alberi ovunque, decorazioni, e il caffè di Babbo Natale al quinto piano, che tra l’altro darà la possibilità di fare colazione con Babbo Natale in persona, sabato 9 dicembre e domenica 24.La visita ad Hamleys sotto natale è decisamente interessante, da la possibilità di rivivere un po’quell’atmosfera natalizia che con gli anni si perde, e soprattutto, ti da la possibilità di rendere reale un sogno…visitate il sito ufficiale di Hamleys, consegnano in tutto il mondo.Piano terra (ingresso), una grande varietà di Peluches e una sezione dedicata a Marvin’s Magic; Primo piano, giochi da tavola, scienza, puzzle e un negozio di dolciumi; Secondo piano, giochi per i più piccoli; Terzo piano, giochi per bambine, con bambole, Hello kitty, trucchi ecc; Quarto piano, Hobbies, modellini telecomandati, modellini da costruire ecc; Quinto piano, giochi per maschietti, macchine, robot e il Bar di Hamleys; Piano interrato, lego, carte da gioco, gadgets, videogiochi ecc. In ogni piano ci sono simpatici ragazzi che dimostrano come usare dei giochi, giocano con i visitatori e lasciano provare e giocare grandi e piccoli con giochi di ogni tipo. Questo particolare approccio “giocoso” di Hamleys, lo rende il più interattivo dei negozi di giocattoli.

Indirizzo: 188-196 Regent Street, London, W1B 5BT Telefono: +44 870 333 2455 Web: http://www.hamleys.co.uk/ Tel:+(44) 0 20 77 34 31 61 Stazione più vicina: Piccadilly Circus Nei dintorni: Soho/West End.

Enjoy 😉

Primrose Hill

Uno dei posti con la più bella vista di Londra ❤

C’è una nuova collinetta che ha preso il cuore dei londinesi ricchi, famosi e “alternativi”: Primrose Hill. Dopo Notting Hill, un quartiere assai povero fino a metà degli anni ’80 e poi reso vibrante dall’arrivo di giovani banchieri stranieri, boutique monoproprietarie e originali e frequentato dai giovani conservatori trendy e “liberal” della banda di David Cameron, ora è il turno di un nuovo rione, da tempo oggetto di colonizzazione da parte delle “celebrities”.Il meccanismo è sempre lo stesso: qualche personaggio famoso e alla moda s’innamora di una zona pittoresca di Londra, di solito con tratti bohème e radici genuine, si stabilisce a viverci e poi attrae, per effetto-cordata, gli amici ricchi e famosi. Questi fanno trend e lentamente arrivano gli amici degli amici dal mondo della pubblicità e relazioni pubbliche oltre a finanzieri alternativi e altri ricchi personaggi annoiati in vena di una boccata d’aria fresca. Il processo di “gentrification”, ossia “civilizzazione” dell’area si conclude con la “pastorizzazione”, quando il quartiere diventa definitivamente borghese e buono anche per i ricchi conformisti che vogliono darsi un tono. E’ quanto è avvenuto a Chelsea che, a propria volta, è di 15 anni un giro avanti a Notting Hill. A cavallo tra gli anni ’60 e inizio ’70, Chelsea e la magica King’s Road che l’attraversa erano l’epicentro dellaSwinging London impersonata dalla regina della moda Mary Quandt, inventrice della minigonna, della modella Jean Shrimpton e il fotografo David Bailey. Un luogo dove si potevano incontrare tutti gli esponenti della beat generation. Oggi è il posto dei “pariolini” londinesi, il luogo dove gli italiani “bene” che cercano di stabilirsi in “centro” (ma quale è il centro di Londra?) atterrano, convinti di essere al cuore dell’azione.

Tornando a Primrose Hill, un villaggetto in cima a una collinetta 70 metri d’altezza sul livello del Tamigi, situato tra Regent’s Park a Sud e Chalk Farm a Nord, da qualche anno è preso d’assalto da celebrity. Ci sono la cantante Gwen Stefani e il marito Gavin Rossdale, l’attore Jude Law e l’ex compagna Sienna Miller, il mitico chef Jamie Oliver con la moglie Jools, l’attrice Sadie Frost e la sua amichetta supermodel Kate Moss che da poco ha traslocato da St John’s Wood. I coniugi Gallagher si sono separati e se ne sono andati  e hanno venduto la magione Supernova Heights al comico David Walliams, geniale interprete di Little Britain con l’inseparabile Matt Lucas. Per non dimenticare il grande scrittore Alan Bennett, l’attrice Helena Bonham Carter e, buon ultimo, il giovane e brillante Foreign Secretary, (il ministro degli Esteri) David Miliband. Se vi capita di andarci, fate due passi nella pittoresca Chalcott Square dalle case colorate che valgono 4 milioni di sterline l’una. Notevole la piccola libreria Primrose Hill Books in Regent’s Park Road che è poi l’arteria principale di shopping. Gradevole il ristorante Odette, oppure Sardo Canale, siciliano a dispetto del nome lungo il Regent’s Canal, o Manna, noto ristorante vegetariano. Moltissimi sono i negozietti alimentari e piccole boutique monoproprietarie come a Notting Hill. Non dimenticate, se la giornata è limpida, di godervi dall’alto il panorama di Londra, specialmente al tramonto. I prezzi: il costo medio di una casa, secondo il Land Registry, il catasto inglese, è di 544mila sterline (740 mila euro) ed è salito del 218% negli ultimi 10 anni…Infine, dimenticavo… per gli amanti della storia, fermatevi a osservare (lo noterete dalla placca azzurra affissa al muro) la casa di Friedrich Engels, industriale, economista e filosofo nonché estensore, con il concittadino Karl Marx (che stava nella vicina Hampstead, non lontano da Siegmund Freud) del Manifesto del Partito Comunista del 1848. 

Tivoli

Oggi,da brava psycho,mi sono svegliata con la voglia di andare a visitare Tivoli.

Tivoli è un comune italiano di 56.503 abitanti della provincia di Roma nel Lazio.

Antica città latina con il nome Tibur, chiamata da Virgilio con il titolo di Tibur Superbum (Eneide, Lib. VII) che tuttora campeggia nello stemma cittadino, si vanta di essere più antica di Roma (1215 a.C.).

L’insediamento arcaico nacque e si fortificò sulla riva sinistra dell’Aniene, dove sorsero l’acropoli e gli edifici antichi (e tornarono poi ad arroccarsi i cittadini tiburtini del Medioevo), avvantaggiandosi della posizione dominante sul guado che costituiva il percorso più breve per la transumanza delle greggi fra il Tevere e l’Abruzzo, lungo la direttrice che sarebbe poi diventata la via Valeria.Ancor oggi il rione dell’antica acropoli si chiama Castrotevere.

Il fatto che l’antica Tibur fosse punto di confluenza di popolazioni diverse (soprattutto sabini e latini), è confermato dall’esistenza del grande santuario di Ercole Vincitore(restaurato dal giugno 2011), classico eroe latino divinizzato, i cui resti sono databili al II secolo a.C., ma che si può facilmente far risalire ad un più antico luogo di culto comune di popolazioni che si incontravano per commerciare.

Sistemato nel IV secolo a.C. il contenzioso con Roma in espansione, e riconosciuta municipio romano con la Lex Iulia municipalis nel I secolo a.C., Tivoli divenne fra l’altro sede di molte ville di ricchi romani, come testimoniano i numerosi resti.

Quelle ancor oggi note e identificate sono attribuite a Orazio, a Cassio, a Publio Quintilio Varo, a Manlio Vopisco (i cui resti sono incorporati nell’attuale Villa Gregoriana). Il culmine di questi insediamenti fu rappresentato dalla villa di Adriano, nel II secolo.

Nel Medioevo Tivoli fu sede viscovile e fortemente implicata nelle contese feudali. Sempre gelosa della propria indipendenza, ma stretta tra i baroni romani e il feudo benedettino di Subiaco, per sottrarsi al patrimonio vescovile si schierò con i ghibellini; tuttavia questo non le risparmiò di dividersi continuamente in fazioni e di rimanere ostaggio della contesa fra i potenti romani, come i Colonna e gli Orsini, per tornare infine, nel XV secolo, nel patrimonio della Chiesa, del cui statoseguì le sorti.

Nel 1867 fu testimone della Campagna dell’Agro Romano per la liberazione di Roma con la colonna garibaldina Pianciani.

Durante la seconda guerra mondiale la città, che si trovava sul percorso della ritirata dei nazisti verso il nord lungo la via Valeria, fu duramente bombardata dall’aviazione anglo-americana, che puntava ad interrompere i collegamenti ferroviari e stradali che da Roma conducevano verso l’Adriatico.

Durante l’occupazione tedesca fu forte la presenza di nuclei partigiani. Ciò comportò sanguinose ritorsioni nonché la distruzione di infrastrutture da parte dei nazisti in ritirata.

Fino agli anni settanta del XX secolo Tivoli rimase città a vocazione fortemente industriale e con una solida base operaia, orientata politicamente a sinistra, almeno nelle elezioni sovracomunali. Nella fase di deindustrializzazione che seguì, vi fu anche forte e sentita la contrapposizione politica degli anni di piombo. Numerosi furono gli estremisti di destra e di sinistra anche di rilevanza nazionale provenienti da Tivoli o legati alla città.

Mentre la parte moderna della città, costruita o ricostruita dopo la seconda guerra mondiale, presenta caratteristiche architettoniche e urbanistiche modestissime, la parte antica conserva persistenze medioevali di rilievo e permette percorsi interessanti e pittoreschi. Si trovano qui, anche, i principali e più antichi siti archeologici urbani, come l’acropoli, con il tempio di Vesta e il tempio della Sibilla, il tempio della Tosse, il Santuario di Ercole Vincitore.

Più in alto, sulla spianata che domina la campagna romana, sorgeva l’Anfiteatro di Bleso, costruito in età adrianea. I resti del monumento, parzialmente demolito e interrato nel XV secolo per riservarne la posizione dominante alla Rocca Pia voluta dal papa Pio II Piccolomini, tornarono alla luce nel 1948.

La città è ripetutamente citata nella memorialistica del Grand Tour e rappresentata in un gran numero di vedute: principali punti di attrazione erano l’orrido della Villa Gregoriana e la cascata dell’Aniene, e le due ville oggi patrimonio dell’umanità UNESCO, la Villa Adriana e la Villa d’Este.

Monumenti 

  • Villa Adriana;
  • Villa d’Este;
  • Villa Gregoriana;
  • Tempio di Vesta;
  • Tempio di Sibilla;
  • Tempio della Tosse;
  • Santuario di Ercole Vincitore;
  • Anfiteatro di Bleso;
  • Rocca Pia;
  • Corso del fiume Aniene

Le Chiese

  • Chiesa di San Biagio vescovo e martire;
  • Chiesa di Sant’Andrea Apostolo;
  • Chiesa di San Francesco d’Assisi, detta anche Chiesa di Santa Maria Maggiore;
  • Chiesa di San Silvestro Papa;
  • Chiesa di San Bernardino da Siena;
  • Chiesa di San Giorgio martire;
  • Chiesa di San Pietro alla Carità;
  • Basilica Cattedrale di San Lorenzo diacono e martire;
  • Chiesa di San Michele Arcangelo;
  • Chiesa Madonna della Fiducia;
  • Chiesa di Sant’Antonio Abate;
  • Chiesa di San Getulio;
  • Chiesa di San Giovanni Evengelista;
  • Chiesa di Sant’Anna;
  • Santuario della Madonna di Quintiliolo.

Le Chiese scomparse

  • Chiesa del Gesù;
  • Chiesa della Madonna della Febbre;
  • Chiesa di Santa Maria al Carciano:
  • Chiesa di Santa Cecilia vergine e martire;
  • Chiesa di Santa Maria del Ponte o di San Rocco;
  • Chiesa di San Valerio;
  • Chiesa di San Martino;
  • Chiesa di Sant’Alessio;
  • Chiesa di San Giovanni Battista;
  • Chiesa di San Benedetto Abate;
  • Chiesa di San Pantaleone;
  • Chiesa di Sant’Agnese.

Tivoli possiede alcune chiese architettonicamente rilevanti e assai antiche: al papa tiburtino Simplicio è attribuita dalla leggenda la fondazione del Duomo, e delle chiese (in effetti romaniche) di San Pietro alla Carità, San Silvestro, e di Santa Maria Maggiore. Nella Chiesa di San Giovanni Evangelista, attualmente all’interno dell’omonimo complesso ospedaliero, è visibile un ciclo di affreschi del secondo Quattrocento, attribuiti o al Perugino o al Pinturicchio, o a Melozzo da Forlì.

Mmmmmh…mi preparo l’itinerario va 😀

La muffineria

Apre a Roma ‘La Muffineria’, nuovissima caffetteria – wine bar in Via Ostiense che verrà aperta Martedì 20 Novembre.
Il vero evento di inaugurazione sarà però Sabato 24 Novembre. Infatti per dare il benvenuto, la Muffineria (Via Ostiense 383) ha organizzato un rinfresco per sabato alle ore 18.
Chi riesce a resistere agli english muffins?!?
Qui scoprirete un mondo di infinite e tutte gustosissime preparazioni: dal classico muffin con gocce di cioccolato a quello con pere e pinoliricotta e visciole, smarties, e ancora caramello, mela e cannella e tanti altri…

SBAV :Q___

Ma ci sono anche i muffin salati, per chi avesse voglia di provare qualcosa di nuovo: provola e speck, pancetta e zucchine, wurstel e patate o stracchino e mortadella!

E non è finita qui. La Muffineria ha ben colto gli umori dei giovani che frequentano bar e locali e ha deciso di puntare anche sulla connessione wi-fi e su una piccola biblioteca da cui scegliere qualche libro, per poi sedersi comodamente e addentare un buon muffin tra una pagina e l’altra.

Finalmente aria di innovazione anche qui a Roma?

Claddagh Ring

Da quando ne ho visto uno di quelli ORIGINALI al Victoria&Albert museum me ne sono follemente innamorata,ed avendo Cup risvegliato in me la voglia di averlo…vi parlo stasera del Claddagh Ring.

Il Claddagh Ring (anello di Claddagh) è un anello di fidanzamento irlandese, composto da due mani che tengono un cuore  sormontato da una corona. Le mani simboleggiano l’amicizia, la corona è simbolo di lealtà e il cuore dell’amore. Questo anello deve l’origine del suo nome ad un villaggio di pescatori sulla Baia di Galway, in Irlanda, chiamato proprio “claddagh” (parola che in gaelico indica la sabbia rocciosa tipica di quella zona).

I primi esempi di questo anello (in oro,argento e bronzo), sono dei veri e propri capolavori: alcuni di essi sono oggi in mostra presso il “National Museum of Ireland” a Dublino, e il “Victoria and Albert museum” a Londra.

Le tradizioni 

Per moltissime persone che hanno dovuto lasciare l’Irlanda durante la carestia del XIX secolo il Claddagh Ring è diventato l’unico legame duraturo con la propria patria e l’unica eredità familiare. È proprio nel periodo della carestia che l’anello cominciò a diventare popolare fuori dal Connemara, grazie all’esodo dall’ovest. In questo periodo divenne un prezioso ricordo delle origini della famiglia, un simbolo del legame con il passato, passando da madre in figlia primogenita per secoli. Accanto al Claddagh Ring, esiste un altro anello, chiamato “Fenian ring” e risalente a circa 200 anni fa, caratterizzato dalla presenza di due mani e due cuori, senza corona. Tale anello rappresenterebbe la battaglia per la Repubblica d’Irlanda, anche se, comunque, il Claddagh Ring tradizionale è sempre rimasto il modello vero e proprio (con la corona a simbolo della lealtà, in ricordo del Regno Irlandese e dell’eredità britannica).

Le leggende 

Vi sono moltissime leggende nate attorno al Claddagh Ring.

Una tra le tante, poco attendibile ma pur sempre popolare e nota, parla di un re innamorato di una giovane contadina, ma da lei non corrisposto. Il povero re non riuscì a sopportare il dolore e si uccise, chiedendo che sulla sua lapide fossero rappresentate due mani intorno a un cuore incoronato come simbolo del suo eterno amore per la contadina.

Una filastrocca che spiega i significati dei tre simboli del Claddagh Ring

Due delle spiegazioni più celebri hanno a che fare entrambe, sebbene un secolo le separi, con membri della famiglia Joyce (o Ioyce), originaria di Galway. Alcuni modelli di Claddagh ring tuttora esistenti portano le iniziali “R. I.” oppure “R. J.” e, perciò, sono attribuiti a Richard Joyce/Ioyce.

La più antica leggenda, risalente al XVI secolo, racconta che il primo Claddagh Ring fu uno miracoloso e meritato regalo per Margaret Joyce. Domingo de Rona, un ricco mercante spagnolo i cui affari lo portavano spesso a Galway, incontrò Margaret in una delle sue visite nella cittadina irlandese e se ne innamorò, sposandola di lì a poco. Sfortunatamente, però, la loro felicità fu breve. Subito dopo il matrimonio Domingo morì e Margaret ereditò il suo enorme patrimonio. Nel 1596, la donna si risposò con Oliver Og French, il governatore di Galway. L’uomo non la sposò per la sua grande ricchezza, e ciò è dimostrato dal fatto che lasciò l’uso e l’amministrazione dei suoi beni totalmente nelle mani di lei, che, da parte sua, non sperperò il suo denaro, ma ne donò gran parte alla città per far costruire numerosi ponti. Un giorno un’aquila lasciò cadere sul grembo di Margaret Joyce un anello d’oro, il primo Claddagh Ring. Questo evento non fu ritenuto un evento fortuito, ma un vero e proprio dono divino, ricompensa alla sua generosità. L’anello sarebbe quindi caduto “dall’alto”, nel vero senso della parola.

Molto più realistica la seconda leggenda. Questa ci racconta come, durante la seconda metà del XVII secolo, un abitante di Galway, Richard Joyce, fu catturato dai pirati mentre era in viaggio per le Indie Occidentali. Questi lo vendettero come schiavo a un ricco orafo arabo, che gli insegnò il mestiere e lo fece diventare un eccellente cesellatore. Nel 1689, re William III d’Inghilterra ottenne il rilascio degli inglesi catturati, Joyce compreso. In tutti gli anni trascorsi insieme, l’orafo si era affezionato a Joyce e lo implorò di restare da lui, promettendogli la mano della figlia e metà del suo patrimonio. Richard, tuttavia, non si fece tentare, poiché non vedeva l’ora di tornare nel suo paese natale. Quindi portò con sé le conoscenze acquisite sull’arte orafa e, importantissima cosa, un’idea che gli era venuta in mente durante quegli anni: la creazione del Claddagh Ring. Secondo alcuni, egli creò il primo di questi anelli come simbolo di gratitudine nei confronti del re al quale doveva la sua libertà. Secondo altri, invece, ad una fanciulla di Galway che non aveva mai smesso di amarlo e di essergli fedele, in attesa del rientro del suo unico vero amore: lui le si presentò con il celebre Claddagh Ring d’oro, simbolo del loro amore duraturo (due mani a rappresentare l’amicizia, la corona a significare la loro lealtà e devozione, e il cuore a simboleggiare il loro reciproco amore eterno). I due si sposarono subito e non si separarono mai!

Origini dei simboli 

Da dove proviene ogni simbolo che forma il Claddagh Ring? Per scoprirlo bisogna andare molto indietro nel tempo, all’epoca degli dèi celti.Dagda, il padre degli dèi, era un essere potente, con la capacità di far splendere il sole; secondo la leggenda la mano destra dell’anello appartiene proprio a lui. Anu (dea conosciuta poi come Danu), era l’antenata e madre universale dei Celti, ed è lei che sembra rappresentare la mano sinistra del Claddagh Ring. La corona rappresenta Beathauile (nome che significa “la vita intera”), che non sembra sia una persona o un dio, ma appare a rappresentare il principio vitale e la vita in sé. Infine il cuore rappresenta i cuori di ogni membro dell’umanità.

Un’altra interpretazione del significato dell’anello è strettamente collegata al trifoglio, uno dei più antichi simboli irlandesi. Questa interpretazione vuole che la corona sia il Padre, la mano sinistra il Figlio e la mano destra lo Spirito Santo, tutti concentrati sul cuore al centro, che simboleggia l’umanità.

Attraverso ogni simbolismo, comunque, un tema ricorre sempre, ovvero che l’anello simboleggia l’amore, la lealtà e l’amicizia (“Love, Loyalty, and Friendship” o, in gaelico, “Gra, Dilseacht agus Cairdeas” – pronunciato “graw, dealshocked ogis cordiss”).

Come si indossa un Claddagh Ring? 

In Irlanda lo scopo per cui questo anello viene scelto è manifestato dal modo in cui l’anello viene indossato. Infatti, il Claddagh Ring può simboleggiare sentimenti diversi:

  • Amicizia o Lealtà, nessun legame sentimentale: mano destra, con la punta del cuore rivolta verso la punta delle dita;
  • Fidanzamento, legame sentimentale: mano destra, con il cuore puntato verso il polso;
  • Matrimonio: mano sinistra, con il cuore puntato verso il polso;
  • Vedovanza: mano sinistra, con il cuore puntato verso la punta delle dita;

Spero tanto che qualcuno me lo regali presto 🙂