Banksy a Palazzo Cipolla

INAUGURA A ROMA: GUERRA, CAPITALISMO & LIBERTA’
ESPOSIZIONE DI OPERE DELL’ARTISTA NOTO COME BANKSY
DA COLLEZIONI PRIVATE INTERNAZIONALI

Una mostra ideata, promossa e realizzata da Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo Presidente Emmanuele Francesco Maria Emanuele

Curata da Stefano Antonelli, Francesca Mezzano & Acoris Andipa

PALAZZO CIPOLLA – ROMA
Via del Corso, 320

Dal 24 Maggio al 4 settembre 2016.

Ha aperto ieri,24 Maggio 2016, la mostra a Palazzo Cipolla su “War Capitalism & Liberty”,  In mostra 150 opere tra dipinti originali, stampe, sculture e oggetti rari, tutte provenienti da collezioni private (tra gli estimatori di Banksy figurano molti vip, da Kate Moss a Brad Pitt) e  nessuna sottratta alla strada. E ci sarà una sorpresa: per la prima volta verrà esposto un autoritratto di Banksy, che, nonostante sia il più noto esponente della street art a livello mondiale, continua a rimanere nell’anonimato.

Roma, l'anteprima della mostra di Banksy a Palazzo Cipolla

La mostra comprende un esteso corpus artis su Banksy proveniente da collezioni private internazionali. Saranno esposti dipinti originali, stampe, sculture e oggetti rari, molti di questi mai esposti in precedenza.

È una mostra no-profit, caratterizzata da una forte componente didattica destinata alle scuole, che costituisce un’esauriente rassegna scientifica dell’artista noto come Banksy.

L’artista, originario di Bristol, ha influenzato enormemente la scena artistica a livello mondiale ed è oggi considerato il massimo esponente del movimento artistico conosciuto come Street Art. Nella mostra sarà messa in luce la sua visione artistica di fronte agli avvenimenti sociali e politici internazionali, dalla serigrafia di alcune scimmie che dichiarano ‘Laugh Now But One Day I’ll Be in Charge’ (Ridete adesso ma un giorno saremo noi a comandare), passando per l’agghiacciante immagine di ‘Kids on Guns’.

Banksy è una delle figure più discusse, dibattute e acclamate dei nostri tempi, il suo anonimato ha catturato l’attenzione del pubblico internazionale già dalla fine degli anni Novanta. È un artista urbano che utilizza una vasta gamma di supporti, dalla pittura su tela, alle serigrafie e sculture, alle grandi installazioni, creando delle scenografie animate in cui ha coinvolto, occasionalmente, anche animali viventi. I suoi lavori sono caratterizzati da umorismo e umanità, intendono dare voce alle masse e a chi, altrimenti, non sarebbe ascoltato da nessuno. Un esempio è il suo recente commento alla crisi dei rifugiati: un grande stencil fuori l’ambasciata francese di Londra. Il suo anonimato e il suo rifiuto a conformarsi spiegano la difficoltà a inquadrare e definire un artista di tale portata; proprio per questo, non è mai stata esposta all’interno di un museo privato, una rassegna delle sue opere.

La Fondazione ha riunito questa collezione, ampia e senza precedenti, grazie a prestatori provenienti da tutto il mondo. La mostra metterà in luce le grandi capacità artistiche di Banksy, attraverso la sua carriera ed evidenziandone le principali fonti di ispirazione: GUERRA, CAPITALISMO e LIBERTÁ.

Anche se l’artista mantiene il pieno anonimato, si pensa che Banksy sia nato a Bristol nel 1974. Partendo dalla scena metropolitana della città inglese, l’artista, per necessità di creare opere di grandi dimensioni in poco tempo, ha unito il graffiti writing allo stencil, creando il suo stile che lo distingue da chiunque altro.

Nei suoi lavori, dai murales alla scultura all’installazione, Banksy esprime un commento satirico, sociale e politico giocando e traendo spunto dal contesto nel quale si trovano le sue opere.

La prima mostra dell’artista si è tenuta a Bristol nel 2000 al Severn Shed. Nel 2002, Banksy ha esposto alla 33 1/3 Gallery di Los Angeles e l’anno seguente è stato incaricato di disegnare due copertine all’album Think Tank dei Blur. Il lavoro di Banksy si espande a livello internazionale: lungo la striscia di Gaza, sul versante palestinese, ha dipinto nove immagini. Nell’estate 2009 si “è impossessato” del Bristol Museum & Art Gallery con una mostra che ha attratto oltre 300.000 visitatori. L’artista ha inoltre realizzato un film documentario “Exit Through The Gift Shop”, ottenendo una nomination agli Oscar. Ad oggi, nessuna galleria rappresenta in maniera esclusiva Banksy.

Nel 2013 ha realizzato un progetto situazionista a New York chiamato “Better Out Than In”: in una delle varie attività sparse per la città ha venduto le sue tele su una bancarella per $60 USD ai turisti.

Il 2015 ha visto l’apertura di DISMALAND: un grande parco a tema da lui rinominato ‘Bemusement Park’, il contrario del parco divertimenti, dove visitatori di ogni età e provenienza sono stati accolti da uno staff depresso e poco collaborativo. All’interno del parco una mostra, curate dallo stesso Banksy, ha riunito artisti di grande rilievo, tra cui Damien Hirst e Axel Void.

Nello scorso dicembre Banksy ha poi deciso di trasferire le strutture di Dismaland a Calais per ospitare i rifugiati. In questa occasione ha prodotto una serie di murales, tra cui ‘The Son of a Migrant from Syria’ (‘Il Figlio di un Emigrante dalla Siria’) che raffigura cinicamente Steve Jobs.

 

FONDAZIONE TERZO PILASTRO – ITALIA E MEDITERRANEO

La Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo opera in campo sociale, sanitario, educativo, culturale nonché a supporto della ricerca scientifica. La tensione che muove la Fondazione è quella di raccordare la tradizionale attenzione alle esigenze di sviluppo e ai bisogni sociali dei territori – la dimensione locale – con una visione ampia, ovvero globale sulle tematiche urgenti del mondo contemporaneo, rispetto alle quali intende porsi come centro propulsivo e creativo di idee e di proposte.

In ambito artistico, da tempo la Fondazione Terzo Pilastro ha rivolto la propria attenzione al fenomeno della Street Art, a cominciare dalla felice esperienza di “Big City Life” a Roma, il progetto di arte pubblica partecipata per la riqualificazione urbana che ha reso possibile il recupero del quartiere popolare di Tor Marancia, per proseguire poi con l’importante contributo alla rassegna internazionale “Icastica 2015” ad Arezzo e, infine, con la mostra “Codici Sorgenti”, dedicata ai più importanti street-artists mondiali, a Catania, città alla quale ha voluto anche donare la monumentale opera di Vhils che decora i grandi silos sul waterfront del porto.

 

Prof. Avv. EMMANUELE F. M. EMANUELE
Presidente della Fondazione Terzo Pilastro

«La mostra “sull’artista noto come Banksy”, che portiamo a Palazzo Cipolla a Roma grazie alla “999 Contemporary”, è un’iniziativa di grandissimo respiro», afferma il Prof. Avv. Emmanuele F. M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo: «È la prima volta, infatti, che così tante opere di questo personaggio, considerato oggi il massimo esponente della street-art a livello internazionale, vengono esposte in un museo. Si tratta di un corpus di circa 150 opere (incluse 50 copertine di dischi) tra sculture, stencils e così via, tutte rigorosamente di collezionisti privati e, dunque, assolutamente non sottratte alla strada. La mostra è unica nel suo genere anche per i temi che tratta – guerra, capitalismo e libertà – che sembrano essere le fonti primarie di ispirazione dell’arte di Banksy, connotata da una forte componente di denuncia sociale, nonché i temi più attuali ed urgenti che caratterizzano il nostro presente. Questa esposizione, a mio avviso, è il perfetto e naturale coronamento del percorso che, con la Fondazione Terzo Pilastro, ho voluto intraprendere, già da qualche tempo, al fine di dare voce ad una modalità di espressione – la street-art, appunto – che porta l’arte fuori dai musei e la riversa nei luoghi accessibili a tutti, la rende parte del nostro vivere quotidiano. Un fenomeno non accademico, ma vivo e vitale, che ho conosciuto nei miei anni giovanili a Los Angeles e Miami e di cui ho immediatamente intuito la grande portata e l’eccezionale efficacia comunicativa».

 

CURATORI

Acoris Andipa, è il direttore di Andipa Gallery, una galleria d’Arte Moderna e Contemporanea con sede a Knightsbridge, Londra, fondata nel 1967 dalla famiglia Andipa. La tradizione della famiglia nel commercio d’arte risale al 1593 a Venezia, quando il Doge Mocenigo assegna lo stemma tuttora usato dai membri della famiglia. Acoris Andipa è uno stimato commerciante delle opere di Banksy, dal 2006 espone i suoi lavori. Nel 2007 ha prodotto una grande mostra personale di Banksy ricevendo 36.000 visitatori in sei settimane. Andipa è responsabile della collocazione sul mercato di molte importanti opere dell’artista, essendone il dealer più famoso.

Stefano Antonelli e Francesca Mezzano sono i fondatori di 999Contemporary, una istituzione privata senza scopo di lucro dedicata allo studio, pratica e sviluppo dell’arte contemporanea urbana attraverso progetti di arte pubblica, mostre, progetti educativi e di beneficenza. Hanno curato oltre duecento opere pubbliche in tutta Italia e all’estero, realizzando a dicembre, con il sostegno fondamentale della Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo e grazie all’opera dell’artista portoghese Vhils, il più grande ritratto mai dipinto da esseri umani sui silos del porto di Catania. Centosessanta opere di cui molte monumentali solo nella città di Roma, attraverso progetti che hanno portato artisti provenienti da tutto il mondo a dipingere la fermata metro Spagna, il quartiere Ostiense e – sempre in collaborazione con la Fondazione Terzo Pilastro – l’intero quartiere di Tor Marancia che ad oggi ha più visitatori dei maggiori musei romani di arte contemporanea. Nel 2014 hanno curato Urban Legends, la prima mostra di street art ospitata dal  Macro, Museo d’arte contemporanea di Roma portando la street art di nuova generazione confrontarsi con l’arte contemporanea.  Nel 2015 hanno curato la mostra Codici Sorgenti al Museo Platamone di Catania, promossa – ancora una volta – dalla Fondazione Terzo Pilastro – Italia e Mediterraneo, dove per la prima volta veniva collegato il graffitismo americano delle origini con la street art contemporanea, mostra che ha segnato il record di visitatori del museo. Sono consulenti per Roma Capitale Municipio Roma VIII per la rigenerazione urbana attraverso l’arte. Francesca Mezzano è attualmente presidente della biennale dei giovani artisti del Mediterraneo.

 

999 CONTEMPORARY, ACORIS ANDIPA

“Alle soglie di un mondo in profonda trasformazione, questa mostra analizza i progressi dell’iconografia e della rappresentazione di queste tre fondamentali espressioni della nostra civiltà (guerra, capitalismo e libertà), attraverso il lavoro del più controverso e popolare artista e attivista contemporaneo: un artista anonimo britannico che si fa chiamare Banksy. Attivo dalla fine degli anni ’90, l’artista noto come Banksy ha utilizzato il luogo pubblico come spazio dove esprimere ed esporre il proprio lavoro liberando il potenziale della libertà espressiva dei graffiti e scrivendo di fatto il codice sorgente del primo movimento artistico globale e open source che conosceremo più tardi come street art. Agli inizi del nuovo millennio. infatti, l’avvento di internet e il conseguente fenomeno della condivisione delle immagini su scala globale lo ha consacrato come idolo delle nuove generazioni donandogli fama planetaria. Nella storia dell’arte occidentale, nessuno come questo artista è riuscito a portare all’attenzione di un pubblico così vasto ed eterogeneo temi di questa portata, ridefinendo i perimetri e le necessità di sincronismo dei progressi della sensibilità collettiva.”

Stefano Antonelli

 

“Uno dei tanti elementi di forza che distinguono questa mostra dalle altre è la grande valenza didattica del progetto: mentre, usualmente, un museo è un grande spazio destinato a distribuire il prodotto culturale per adulti, che ha – talvolta – a margine un piccolo spazio educativo per bambini, con questa mostra daremo vita ad un grande spazio educativo per bambini affiancato da un piccolo (ma affascinante, incisivo, unico nel suo genere) spazio culturale per adulti.”

Francesca Mezzano

 

“E’ particolarmente significativo che una Fondazione che, con il proprio museo, ha celebrato negli anni la creatività del genio italiano e si è aperta anche a movimenti, a correnti ed a modelli artistici del mondo che ci circonda promuova una mostra come questa: così facendo, essa avvia una riflessione di alto profilo nella lettura del proprio tempo, manifestando decisamente la volontà di essere contemporanea e non solo coeva, e creando una connessione virtuosa tra tradizione e innovazione, tra passato e futuro.”

Acoris Andipa

 


 

L’ARTISTA NOTO COME BANKSY NON È ASSOCIATO NÉ COINVOLTO IN QUESTA ESPOSIZIONE MUSEALE. TUTTE LE OPERE PRESENTI IN MOSTRA PROVENGONO DA COLLEZIONISTI PRIVATI INTERNAZIONALI E NESSUNA OPERA E’ STATA SOTTRATTA ALLA STRADA.

 

Venezia la Bella…Padova sua sorella!

Un mese fa circa sono stata a Padova.

Non era la prima volta ma quando andai fu solo per visita la Bellissima Cappella dei Scrovegni (In realtà, quella “semplice costruzione” come la definì lo stesso Giotto, ospita il più importante ciclo di affreschi del mondo).

Se passate per Padova stupitevi ammirando il cielo stellato sotto il quale si svolgono gli episodi della vita di Gioacchino e Anna (riquadri 1-6), quelli della vita di Maria (riquadri 7-13) e gli episodi della vita e morte di Cristo. Stupitevi un pochino di più pensando che Giotto ci mise solo due anni a completare il tutto. Nel 1303 riceve l’incarico da Enrico Scrovegni e nel 1305 ha già terminato. Enrico volle costruire la Cappella in suffragio dell’anima del padre, Reginaldo Scrovegni, che di cose da farsi perdonare ne aveva molte. Banchiere e usuraio, talmente famoso e temuto, da essere collocato da Dante nell’inferno della Divina Commedia. Con la Cappella degli Scrovegni, Giotto cominciò la rivoluzione della pittura moderna.

Sono tornata poichè il nonno del mio ragazzo è originario di un paesino a pochi Km di distanza,Arquà Petrarca,ragion per cui abbiamo deciso di passare un week end tutti insieme nella sua casa!

Il venerdì di quel week end lo abbiamo passato per metà giornata a Padova,riuscendo a vedere parecchie cose :

Basilica di Sant’Antonio a Padova

I padovani chiamano Sant’Antonio “Il Santo“, senza aggiungere il nome. Questo fa comprendere non solo l’affetto ma anche l’importanza per Padova della Basilica che ospita le reliquie di Sant’Antonio.

Meta di un pellegrinaggio senza sosta che raggiunge il culmine con la processione del 13 giugno, la Basilica di Sant’Antonio merita una visita anche per la presenza di molti capolavori dell’arte italiana. La prima cosa che si nota è la compresenza di stili diversi dovuti agli interventi che si sono susseguiti: la facciata romanica, il deambulatorio gotico con le sette cappelle, le cupole bizantine i campanili moreschi. All’interno, partendo da destra, si susseguono la Cappella del Gattamelata e quella di San Giacomo affrescata nel 1300 da Andriolo de Santi, uno dei maggiori architetti e scultori veneziani d’allora. Subito dopo c’è la Cappella della Crocifissione e poi la Sala del Capitolo, con un frammento di Crocifissione attribuito a Giotto. Il “Tesoro della Basilica” con le reliquie del Santo si trova al centro del Deambulatorio. In diverse teche sono visibili la lingua e il mento intatti di Sant’Antonio, segno, secondo la Chiesa, del riconoscimento che Dio ha voluto dare all’instancabile opera di evangelizzazione del Santo. Nella Piazza antistante la basilica da non perdere Il monumento equestre al Gattamelata, statua in bronzo di Donatello, autentica rivoluzione nella storia dell’arte: è stata la prima statua equestre di grandi dimensioni svincolata da altri elementi architettonici.

Piazza delle Erbe e della Frutta a Padova

Da secoli, Piazza delle Erbe, è il luogo di Padova deputato al mercato. I nomi che si sono susseguiti per definire questo ampio spazio ne hanno sempre indicato l’origine e la funzione commerciale: “Piazza della Biada“, “Piazza Del Vino“, così come le scale dell’imponente Palazzo Ragione venivano chiamate “Scala delle Erbe” perché ci si mettevano i venditori di lattughe, cipolle, porri, verze o “Scala del vino” o la “Scala dei ferri lavorati“.

In realtà anche i nomi delle vie circostanti la piazza tradiscono la loro funzione commerciale: osti, macellai, fruttivendoli, ogni angolo aveva una specializzazione. Alle spalle di Piazza delle Erbe, divisa dal Palazzo della Ragione, c’è l’altra piazza commerciale di Padova: è Piazza della Frutta. Anche in questo caso il nome tradisce origine e funzione originaria, anche se adesso ospita un mercato in cui si vendono quasi esclusivamente abiti. Da notare il Peronio, una colonna medievale il cui nome deriva dal latino perones, le calzature in cuoio che qui venivano vendute.

Le due piazze sono unite dal “Volto della Corda” o “Canton delle busie“, passaggio coperto chiamato così perché qui i bugiardi, i falliti, gli imbroglioni e i debitori venivano colpiti sulla schiena con una corda. Le corde rimanevano sempre appese a cinque anelli di pietra infissi nel muro come monito. L’angolo sotto al “Volto della Corda” prende il nome di “Canton delle busie” (angolo delle bugie) perché qui i commercianti tenevano le loro trattative. Sono ancora oggi visibili le pietre bianche con le antiche misure padovane, riferimento per impedire che i venditori imbrogliassero i clienti.

Palazzo della Ragione a Padova

Su Piazza delle Erbe affaccia il più imponente palazzo nonché simbolo di Padova: è Palazzo della Ragione (1208 circa) nei secoli sede del Tribunale, da cui prende il nome. I padovani lo chiamano anche “Il salone” perché il primo piano è in realtà un unico ambiente a forma di salone, per molti secoli il più grande del mondo, a cui si accede dalla “Scala delle Erbe” in Piazza delle Erbe.

L’interno del palazzo è stupefacente: un unico ambiente lungo 80 metri e largo 27, completamente affrescato. Doveva essere ancora più bello quando c’erano gli affreschi di Giotto, distrutti durante l’incendio del 1420. Il ciclo pittorico all’interno del palazzo è uno dei più grandi al mondo: si susseguono motivi zodiacali, astrologici, religiosi, animali, che simboleggiano le attività della città, nei diversi periodi dell’anno e l’intervento dei giudici del palazzo per derimere le questioni. Nel Salone è conservata laPietra del Vituperio“, un blocco di porfido nero di su cui i debitori insolventi erano obbligati a spogliarsi e battere per tre volte le natiche prima di essere costretti a lasciare la città. Questa pratica ha dato origine all’espressione restar in braghe de tea. Davanti al Salone (accanto al Palazzo Comunale) c’è il “Palazzo delle Debite“, adibito a prigione a cui si accedeva direttamente dal Palazzo della Ragione con un passaggio ormai distrutto.

Prato della Valle a Padova

I padovani sono fieri della grandezza di Prato della Valle (88620 mq), una piazza che per estensione totale è seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca. Per comprendere quanto effettivamente sia grande, basta pensare che è formata da un’isola centrale, completamente verde, chiamata Isola Memmia in onore del podestà che commissionò i lavori.

Intorno all’isola c’è una canale di circa 1,5 km di circonferenza, circondato da una doppia fila di statue numerate (78) di personaggi famosi del passato. Per raggiungere l’isola centrale ci sono 4 viali incrociati con relativi ponti sul canale. Prato della Valle sorge in un luogo da sempre fulcro della vita di Padova: qui c’era un grande teatro romano e un circo per le corse dei cavalli. Qui furono martirizzati due dei quattro patroni della città, Santa Giustina e San Daniele. Nel Medioevo si svolgevano fiere, giostre e feste pubbliche. Oggi in Prato della Valle turisti e padovani passeggiano, vanno in bici, prendono il sole d’estate o fanno tardi la sera. Dopo anni di abbandono, la Piazza ha finalmente ripreso la sua centralità nella vita di Padova.

Duomo e Battistero di Padova

La Basilica di Sant’Antonio prende gran parte dell’attenzione dei turisti che si recano a Padova, mettendo in secondo piano il Duomo e il Battistero. Il Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta, fu costruito a partire dal 1522 su progetto di Michelangelo Buonarroti.

La facciata su cui si aprono i tre portali è incompleta mentre l’interno è ampio e armonioso anche se di non particolare originalità. Molto più bello è il Battistero adiacente al Duomo con un ciclo di affreschi considerato il capolavoro di Giusto de’ Menabuoi. Appena si alza lo sguardo verso la cupola ci si sente osservati da centinaia di occhi di angeli e santi e lo sguardo severo del Cristo Pantocratore al centro della scena. Sulle altre pareti e sui pennacchi sono rappresentate “Storie della Genesi“, “Profeti ed evangelisti” e le “Storie di Cristo e del Battista“.

Santa Giustina

Il grandioso e celebre tempio di Santa Giustina, che secondo alcuni studiosi sorgerebbe sulle rovine di un tempio pagano, è la più importante opera architettonica di Padova e il più antico luogo di culto della città.
La chiesa, straordinariamente affascinante per la sua posizione laterale ed asimmetrica rispetto a Prato della Valle, venne fondata intorno al V secolo su un luogo cimiteriale in memoria della martire Giustina: una giovane patrizia cittadina che fu martirizzata nel 304 nella feroce persecuzione di Massimiliano. Secondo la tradizione il padre della martire, Vitaliano, alto funzionario imperiale che pare fosse stato convertito al cristianesimo da San Prosdocimo, fece costruire il primo nucleo della chiesa che sarebbe diventata la sede della prima cattedrale della città cristiana.
Alla Chiesa fu annesso successivamente un monastero benedettino e il complesso si arricchì progressivamente di beni e reliquie. Dopo la ricostruzione, a seguito del terremoto del 1117, la chiesa fu demolita nel 1502 per dar posto all’attuale colosso, realizzato tra il 1532 e il 1579 da diversi architetti, e in particolare da Andrea Moroni e Andrea da Valle.

La facciata, che sarebbe dovuta essere ricoperta di marmo, probabilmente bianco, non fu mai portata a termine.
Sulla gradinata si possono ammirare due grifi in marmo rosso di Verona appartenenti al portale duecentesco.
Furono inoltre necessari 85 anni per arrivare alla copertura del tetto che richiese enormi quantità di denaro e di materiali. Ed è per queste ragioni che quando si pensa ad un lavoro interminabile, si dice: “…longo come a fabrica de Santa Giustina”.
La facciata in ruvida pietra è d’altra parte entrata a pieno titolo nell’immagine acquisita, in tutto ciò aiutata dall’orizzonte delle otto cupole, che le danno un aspetto rotondeggiante, e dal campanile poggiante sul predecessore medievale, che nasconde interessanti elementi delle fabbriche anteriori e che domina la vastissima mole della Basilica.

L’interno, vasto e luminoso, uno dei massimi capolavori dell’architettura rinascimentale, è a croce latina e si presenta diviso da grandi pilastri in tre navate. La luce entra attraverso le cupole finestrate. Per dimensioni (122 metri di lunghezza) Santa Giustina è la nona tra le chiese del mondo, segnata anche nel pavimento della Basilica di S. Pietro a Roma.
Partendo dalla navata di destra, dietro l’Arca di San Mattia si apre un suggestivo passaggio per il Pozzo dei Martiri (1566) dove sono raccolte tutte le reliquie dei martiri padovani, ornato da quattro statue in terracotta; sulla destra una gabbia in ferro che conteneva le reliquie di San Luca. Di qui giungiamo al Sacello di S. Prosdocimo (il sacello è una piccola cappella votiva) con ricche decorazioni marmoree e musive (di mosaico), fatto costruire alla fine del VI secolo.
Tornati in chiesa attraverso il transetto e la cappella dedicata a San Massimo, nota per il movimentato gruppo marmoreo di Filippo Parodi raffigurante la Pietà, si accede alla trecentesca Cappella di S. Luca.
L’ancona (tavola dipinta) di Andrea Mantegna che era posta sopra l’Arca di San Luca, opera pisana del 1316 con bellissimi rilievi in alabastro, fu asportata da Napoleone e oggi si trova alla Pinacoteca Brera di Milano.
Una lapide in marmo nero ricorda la sepoltura della veneziana Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, morta nel 1684 a soli 38 anni, la prima donna laureata nel mondo (1678).
Attraverso il Coro vecchio, che era l’abside della chiesa precedente (1462), con 50 stalli e sedili in noce, si accede all’antisagrestia, dove è custodito l’architrave del portale romanico della basilica vecchia (1080 circa).
La sagrestia (1462) racchiude arredi lignei seicenteschi.
Notevolissimi gli intagli e i decori del cinquecentesco coro, dove la pala (Martirio di S. Giustina, 1575 circa) all’altare di fondo è di Paolo Veronese.
La cappella a sinistra del presbiterio reca nella volta e nel catino affreschi di Sebastiano Ricci.

Il ricco monastero, che in passato accolse personaggi illustri e papi, fu soppresso da Napoleone Bonaparte nel 1810 e trasformato in caserma e ospedale militare. Ritornò ai monaci nel 1919 e fu eretto nuovamente in Abbazia nel 1943.
E’ possibile visitarne il Chiostro del Capitolo, costruito nel XII secolo in stile romanico e il Chiostro Maggiore, chiamato anche Chiostro Dipinto per i molti affreschi che lo decoravano.
La biblioteca monastica medioevale, con i suoi arredi, i suoi scaffali scolpiti in legno pregiato, le ricche tappezzerie, le raccolte d’arte, incrementate da lasciti e donazioni, e i suoi 80.000 volumi, aveva raggiunto l’apice nel XVIII secolo, ma a seguito di un decreto di Napoleone fu soppressa. Gli scaffali furono portati nella Sala dei Giganti della Reggia Carrarese, ora Liviano, ma purtroppo furono tanti i libri e i capolavori d’arte dispersi.

Caffè Pedrocchi (Assaggiate il Pedrocchino,caffè buonissimo!!!)

Il Caffè Pedrocchi è un caffè storico di fama internazionale, situato nel pieno centro di Padova, in via VIII febbraio nº 15.

Aperto giorno e notte fino al 1916 e perciò noto anche come il “Caffè senza porte“, per oltre un secolo è stato un prestigioso punto d’incontro frequentato da intellettuali, studenti, accademici e uomini politici.

L’8 febbraio 1848, il ferimento al suo interno di uno studente universitario diede il via ad alcuni dei moti caratterizzanti il Risorgimento italiano e che sono ancora oggi ricordati nell’inno ufficiale universitario, Di canti di gioia.

Tra Settecento e Ottocento il consumo del caffè si è diffuso anche in Italia e si è andata così affermando la tradizione del caffè come circolo borghese e come punto d’incontro aperto, in contrapposizione alla dimensione privata dei salotti nobili. A Padova la presenza aggiuntiva di oltre tremila persone tra studenti, commercianti e militari fece sì che, più che in altri centri cittadini, si sviluppasse questo tipo di attività.

In questo contesto, nel 1772 il bergamasco Francesco Pedrocchi apre una fortunata “bottega del caffè” in un punto strategico di Padova, a poca distanza dall’Università, dal Municipio, dai mercati, dal teatro e dalla piazza dei Noli (oggi Piazza Garibaldi), da cui partivano diligenze per le città vicine, e dall’Ufficio delle Poste (oggi sede di una banca).

Il figlio Antonio, ereditata la fiorente attività paterna nel 1800, dimostra subito capacità imprenditoriali decidendo di investire i guadagni nell’acquisto dei locali contigui al suo e, nel giro di circa 20 anni, si ritrova proprietario dell’intero isolato, un’area pressappoco triangolare delimitata a est dalla via della Garzeria (oggi via VIII febbraio), a ovest da via della Pescheria Vecchia (oggi vicolo Pedrocchi) e a nord dall’Oratorio di San Giobbe (oggi piazzetta Pedrocchi).

Il 16 agosto 1826 Antonio Pedrocchi presenta alle autorità comunali il progetto per la costruzione di uno stabilimento, comprendente locali destinati alla torrefazione, alla preparazione del caffè, alla “conserva del ghiaccio” e alla mescita delle bevande. Prima di questo cantiere, Pedrocchi aveva incaricato un altro tecnico, Giuseppe Bisacco, di eseguire i lavori di demolizione dell’intero isolato e di costruire un edificio ma, insoddisfatto del risultato, aveva richiesto a Giuseppe Jappelli, ingegnere e architetto già di fama europea e esponente di spicco della borghesia cittadina che frequentava il caffè, di riprogettare il complesso dandogli un’impronta elegante e unica.

Nonostante le difficoltà determinate dal dover disegnare su una pianta irregolare e dal dover coordinare facciate spazialmente diverse, Jappelli fu in grado di progettare un edificio eclettico che trova la sua unità nell’impianto di stile neoclassico. L’illustre veneziano volle trasferire in architettura la sua visione laica e illuminista della società, creando quello che poi diverrà uno degli edifici-simbolo della città di Padova.

Il piano terreno fu ultimato nel 1831, mentre nel 1839 venne realizzato il corpo aggiunto in stile neogotico denominato “Pedrocchino”, destinato ad accogliere l’offelleria (pasticceria). In occasione del “IV Congresso degli scienziati italiani” (evento dal titolo significativo, visto che Padova si trovava ancora sotto la dominazione asburgica), nel 1842 si inaugurarono le sale del piano superiore che, secondo il gusto storicizzante dell’epoca, erano state decorate in stili diversi, creando un singolare percorso attraverso le civiltà dell’uomo.

Per la loro realizzazione Jappelli si avvalse della collaborazione dell’ingegnere veronese Bartolomeo Franceschini e di numerosi decoratori, tra cui il romano Giuseppe Petrelli, al quale si deve la fusione delle balaustre delle terrazze con i grifi, i bellunesi Giovanni De Min, ideatore della sala greca, Ippolito Caffi della sala romana e Pietro Paoletti della sala pompeiana (o “ercolana”), il padovano Vincenzo Gazzotto, pittore del dipinto sul soffitto della sala rinascimentale.

Le sale del piano superiore erano destinate a incontri, convegni, feste e spettacoli e il loro utilizzo veniva concesso ad associazioni pubbliche e private che, a vario titolo, potevano organizzare eventi.

Antonio Pedrocchi si spense il 22 gennaio 1852. Animato dalla volontà di lasciare la gestione del suo caffè a una persona di fiducia, aveva adottato Domenico Cappellato, il figlio di un suo garzone, che alla morte del padre putativo si impegnò nel dare continuità all’impresa ricevuta in eredità, pur cedendo in gestione le varie sezioni dello stabilimento.

Alla morte di Cappellato, avvenuta nel 1891, il caffè passa al Comune di Padova. In un testamento stilato alcuni mesi prima, Cappellato lasciava infatti lo stabilimento ai suoi concittadini:

« Faccio obbligo solenne e imperituro al Comune di Padova di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l’uso dello Stabilimento come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi mettendolo al livello di questi e nulla tralasciando onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia »
(Dal testamento di Domenico Cappellato Pedrocchi)

La decadenza

Uno scorcio della Sala Rossa al piano terra del caffè

Un inevitabile degrado dovuto alle difficoltà determinate dalla grande guerra caratterizzerà il caffè negli anni tra il 1915 e il 1924. In quest’ultima data hanno inizio i lavori di restauro del “Pedrocchino”, che si protrarranno fino al 1927. Negli anni successivi va purtroppo dispersa gran parte degli arredi originari disegnati dallo stesso Jappelli, che verranno sostituiti via via nell’epoca fascista.

Dopo la seconda guerra mondiale, con il progetto dell’architetto Angelo Pisani che si impone contro quello di Carlo Scarpa, mai preso in considerazione dall’amministrazione comunale, si avvia un nuovo restauro che ridefinisce i vani affacciati sul vicolo posteriore, trasforma lo stesso vicolo in una galleria coperta da vetrocemento e ricava alcuni negozi, un posto telefonico pubblico e una fontana in bronzo sventrando parte dell’Offelleria, del Ristoratore e demolendo la Sala del Biliardo.

Nonostante le proteste di molti cittadini e le perplessità della Soprintendenza ai monumenti, viene sostituito lo storico bancone in marmo con banchi di foggia moderna, viene installata una fontana luminosa al neon e le carte geografiche della sala centrale, caratterizzate dalla rappresentazione rovesciata delle terre emerse (curiosamente il sud viene rappresentato in alto) vengono sostituite da specchi.

Per buona parte degli anni ottanta e novanta il Pedrocchi rimane chiuso per difficoltà tra i titolari della gestione e il Comune; nel 1994 viene finalmente deciso il recupero dei locali e all’architetto Umberto Riva e ai collaboratori M. Macchietto, P. Bovini e M. Manfredi viene affidato il compito di rimediare ai danni provocati dal devastante restauro Pisani degli anni cinquanta e di riportare all’antico splendore i locali dello storico caffè.

Dopo l’esecuzione del primo stralcio di lavori, il 22 dicembre 1998 il caffè viene restituito ai cittadini di Padova.

Architettura

Il Caffè Pedrocchi si configura come un edificio di pianta approssimativamente triangolare, paragonata a un clavicembalo. La facciata principale si presenta con un alto basamento in bugnato liscio, guarda verso est e si sviluppa lungo la via VIII febbraio; su di essa si affacciano le tre sale principali del piano terra: la Sala Bianca, la Sala Rossa e la Sala Verde, così chiamate dal colore delle tappezzerie realizzate dopo l’Unità d’Italia nel 1861.

La Sala Rossa è quella centrale, divisa in tre spazi, è la più grande e vede attualmente ripristinato il bancone scanalato di marmo così come progettato da Jappelli. La Sala Verde, caratterizzata da un grande specchio posto sopra al camino, era per tradizione destinata a chi voleva accomodarsi e leggere i quotidiani senza obbligo di consumare. È stata pertanto ritrovo preferito degli studenti squattrinati e a Padova si fa risalire a questa consuetudine il modo di dire essere al verde. La Sala Bianca, si affaccia verso il Bo, conserva in una parete il foro di un proiettile sparato nel 1848 dai soldati austro-ungarici contro gli studenti in rivolta contro la dominazione asburgica. Inoltre, è anche nota come ambientazione scelta da Stendhal per il suo romanzo “La certosa di Parma”. Completa il piano terra la Sala Ottagona o della Borsa, dall’arredo non troppo raffinato, destinata in origine alle contrattazioni commerciali.

A sud il caffè termina con una loggia sostenuta da colonne doriche e affiancata dal corpo neo-gotico del cosiddetto “Pedrocchino”. Quest’ultimo, è costituito da una torretta a base ottagonale che rappresenta una fonte di luce, grazie alle finestre disposte su ogni lato. Inoltre, al suo interno è presente una scala a chiocciola. Due logge nello stesso stile si trovano dislocate sul lato nord, e davanti a queste si trovano quattro leoni in pietra scolpiti dal Petrelli, che imitano quelli in basalto che ornano la cordonata del Campidoglio a Roma.

Tra le due logge del lato nord si trova una terrazza delimitata da colonne corinzie.

Il piano superiore o “piano nobile” è articolato in dieci sale, ciascuna decorata con uno stile diverso:

  1. Etrusca
  2. Greca
  3. Romana: caratterizzata da una pianta circolare;
  4. Stanzino barocco
  5. Rinascimentale
  6. Gotica-medievale
  7. Ercolana o pompeiana: tipici sono i decori che ricordano le ville romane;
  8. Rossini: è la stanza più grande, infatti riproduce la stessa planimetria della sala Rossa del piano terra. In questa stanza, dedicata a Rossini e Napoleone, possiamo osservare degli stucchi a tema musicale che ne rappresentano simbolicamente la destinazione d’uso.
  9. Moresca: molto piccola;
  10. Egizia: ai quattro angoli della stanza troviamo dei piedistalli che sorreggono una finta trabeazione, e diversi attributi che ci rimandano alla cultura egiziana.

La chiave di lettura di questo apparato decorativo può essere quella romantica di rivisitazione nostalgica degli stili del passato. Non è esclusa però una chiave esoterica o massonica (Jappelli era un affiliato all’associazione). I simboli egizi precedono la decifrazione della scrittura geroglifica da parte di Champollion e sono piuttosto un omaggio al grande esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni, che aveva scoperto numerosi monumenti egizi e di cui Jappelli aveva conoscenza diretta.

P.s.Tra gli studenti padovani esiste una superstizione, dovuta probabilmente agli avvenimenti del 1848, secondo la quale non si deve entrare al Caffè Pedrocchi prima di essersi laureati, pena l’impossibilità di conseguire la laurea stessa.

I Macchiaioli a Roma

Ieri sera ho partecipato alla Blogger Night  al Chiostro del Bramante, dove ,fino al 4 Settembre è presente la Mostra “I Macchiaioli”.

Il termine “Macchiaioli” venne coniato nel 1862 da un recensore della «Gazzetta del Popolo» che così definì quei pittori che intorno al 1855 avevano dato origine ad un rinnovamento anti-accademico della pittura italiana in senso verista.

Al Caffè Michelangelo a Firenze, attorno al critico Diego Martelli, un gruppo di pittori dà vita al movimento dei macchiaioli.

Questo movimento vorrebbe rinnovare la cultura pittorica nazionale. La poetica macchiaiola è verista opponendosi al Romanticismo, al Neoclassicismo e al Purismo accademico, e sostiene che l’immagine del vero è un contrasto di macchie di colore e di chiaroscuro, ottenuti tramite una tecnica chiamata dello specchio nero, utilizzando uno specchio annerito con il fumo permettendo di esaltare i contrasti chiaroscurali all’interno del dipinto. L’arte di questi pittori consisteva “nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri”

La mostra è veramente fantastica e la location affascinante e suggestiva (e tra l’altro si trova nella mia zona preferita di Roma per uscire a divertirmi,dietro Piazza Navona!

Vi lascio solo una foto perchè non voglio togliervi il piacere di gustarvi la mostra!

Le piazze più belle del Mondo

Tra le piazze più belle del mondo ce ne sono parecchie Italiane,ovviamente oserei dire.Troviamo :

Italia, Ascoli Piceno, Piazza del Popolo

Cominciamo con la piazza di Ascoli Piceno, un gioiello che non tutti conoscono, una perla preziosa. Pavimentata interamente con lastre di travertino, la piazza vi stupirà per la sua luminosità e la sua raffinatezza, che nasce da un ricercato intreccio di portici e logge, palazzi rinascimentali, edifici storici e chiese dai tratti gotici ed eleganti: sedetevi al Caffè Meletti e degustate l’Anisetta, magari a pancia piena dopo esservi rimpinzati di olive ascolane. Qui vi riconcilierete col mondo e sorriderete alla tranquillità della vita che scorre, tra bimbi che giocano e bici che solcano la piazza. L’atmosfera è da sogno. 

Italia, Roma, Piazza di Spagna
Roma di piazze spettacolari ne ha certamente più d’una. Abbiamo scelto per voi Piazza di Spagna perché, ne siamo certi, vi lascerà senza fiato: ammirate la celebre fontana barocca del Bernini, la Barcaccia, tornata alla ribalta delle cronache recenti, e se siete appassionati di poesia fate sosta nella casa del poeta inglese John Keats, ora trasformata in un museo. Non andate via senza essere saliti in cima all’elegante scalinata di Trinità dei Monti: ora spalancate gli occhi e i polmoni e respirate bellezza. Se ci andate in primavera troverete la scalinata piena di fiori che colorano l’atmosfera e la solleticano coi loro profumi. 
Italia, Venezia, Piazza San Marco
Il fascino intramontabile di Piazza San Marco intriga ogni viaggiatore: crocevia di popoli diversi, culla di interi secoli di arte e storia, questo è uno di quei posti che si fissa nel cuore e nella memoria. La Basilica di San Marco, altera e maestosa, cattura l’attenzione, ma gli occhi attingeranno meraviglie ovunque, dalla Torre dell’Orologio alle Procuratie Vecchie e Nuove, dall’Ala Napoleonica fino al Campanile. Sfruttate il volo dei piccioni per un tocco di romanticismo nelle vostro foto e se trovate l’acqua alta nessun problema, basta un paio di stivali e il gioco è fatto. Napoleone la definì “il salotto d’Europa”.
Italia, Napoli, Piazza del Plebiscito
Napoli intera è un patrimonio inestimabile di ricchezze e Piazza del Plebiscito, nella sua monumentale grandezza, vi conquisterà. Girate su voi stessi e ammirate il Palazzo Reale, il Palazzo Salerno, il Palazzo della Prefettura e la Basilica di San Francesco di Paola, con il suo coreografico portico a emiciclo. Se ci andate all’imbrunire, poi, lasciatevi conquistare dai giochi di luce del sole che scende che si mescolano con la luce artificiale e, per concludere, concedetevi un sogno ad occhi aperti davanti allo scorcio del Vesuvio, visibile dalla piazza. 
Italia, Siena, Piazza del Campo
Si caratterizza per la sua forma a conchiglia, Piazza del Campo, e stupisce chiunque vi si trovi per il bellissimo effetto che provoca nel turista: vi sembrerà di essere al centro del mondo. Intorno a voi, il Palazzo Comunale, in mattone e marmo, bellissimo e nobile; la Torre del Mangia, tra le più alte torri antiche d’Italia; la Cappella di Piazza, che è uno scenografico tabernacolo marmoreo ai piedi della torre, e la Fonte Gaia, prima fonte pubblica cittadina. Arte, storia e bellezza si intersecano e ne resterete ammaliati. È qui, inoltre, che si svolge lo storico Palio di Siena.
Repubblica Ceca, Praga, Piazza della Città Vecchia
Staromestské Namesti, Piazza della Città Vecchia, è il centro del quartiere Staré Mesto, la Città Vecchia, appunto, e gode di un fascino tutto particolare, con la sua aura romantica e seducente. Le belle decorazioni delle case romaniche e gotiche e la Casa alla Campana di pietra, in stile rococò ne fanno un luogo suggestivo come pochi altri al mondo. Sulla piazza si affacciano la Chiesa di San Nicola e quella di Santa Maria di Týn, il Palazzo Kinský e il Municipio della Città Vecchia, con il suo famoso orologio astronomico che tiene i turisti col naso all’insù nell’attesa dello spettacolo che si svolge allo scoccare di ogni ora. 
 
Cuba, La Habana, Plaza de la Revolución 
C’è un posto da visitare al più presto, prima che inevitabilmente gli eventi storici lo cambino. Quel posto è Cuba. E La Habana, di conseguenza. Una volta qui non potrete prescindere da Plaza de la Revolución, che colpisce per la sua vastità e che riporta alla mente la grande Storia, rievocando i tempi della Rivoluzione cubana e delle grandi folle che l’hanno riempita. Ammirate il memorial a José Martí e, di fronte, il Ministero degli Interni con la famosa immagine del Che realizzata da Enrique Ávila. Autentica e coinvolgente, questa è una terra che vi resterà nel cuore. Cuba è un tesoro, è un ritmo che travolge, è vita che scorre.
Belgio, Bruxelles, Grand-Place
Nucleo centrale della città, la Grand Place è d’estate un’incantevole cornice per concerti, rappresentazioni ed eventi vari, mentre in inverno, specie durante il periodo natalizio, diventa uno scenario quasi da favola grazie ai tipici mercatini, pieni di vita, luci, colori e…cioccolato! La fusione dei diversi stili architettonici tipici del nord Europa, ben visibile negli edifici che la circondano, come il Municipio, la Maison du Roi e le case delle Corporazioni, la rende una perla di rara bellezza, di un’eleganza indiscussa che unisce antico e moderno. 
Russia, Mosca, Piazza Rossa
Adiacente al Cremlino, questa è la piazza principale di Mosca: con una superficie di oltre 70.000 metri quadrati, deve il suo nome ad un aggettivo in lingua russa che significa sia “rossa” sia, in passato, “bella”. Sulla piazza sorge la splendida cattedrale di San Basilio, con le sue cupole luminose; il monumento agli eroi nazionali Kuz’ma Minin e Dmitrij Požarskij, che cacciarono da Mosca gli invasori polacchi; il mausoleo di Lenin e il Gum. Una piazza che affascina, tutta da scoprire. 
Argentina, Buenos Aires, Plaza de Mayo
Centro della vita politica di Buenos Aires, Plaza de Mayo ospita alcuni degli edifici più importanti della città, dalla Casa Rosada, sede del governo, fino al municipio di Buenos Aires, la Cattedrale Metropolitana di Buenos Aires e la Banca d’Argentina. Con questo nome si ricorda la rivoluzione di maggio del 1810 che diede inizio al processo d’indipendenza dalla Spagna, avvenuta poi nel 1816. Una piazza dai mille volti, un’architettura affascinante e un’atmosfera davvero unica al mondo.
Francia, Parigi, Place de la Concorde
L’obelisco egizio di Luxor, in granito rosso, domina Place de la Concorde, piazza più grande di Parigi e centro nevralgico della città: una volta qui, infatti, potrete decidere se spingervi verso gli Champs-Elysées o fare sosta ai magnifici giardini delle Tuileries, se scegliere di fare una passeggiata lungo la Senna o di entrare nella chiesa della Madeleine. Avrete l’impressione di avere il mondo in una mano. Sulla piazza, signorile ed elegante, statue e fontane si susseguono maestose, per un’atmosfera aristocratica e…francese. 
Inghilterra, Londra, Trafalgar Square
Costruita per ricordare la vittoria dell’Inghilterra nella battaglia di Trafalgar grazie all’ammiraglio Nelson, questa è una piazza importante per la città, nonché sede di molte ambasciate. La Nelson’s Column, con i quattro leoni di bronzo alla base, svetta sulle belle fontane e sugli edifici della piazza, tra cui spicca la National Gallery, maestosa e piena di tesori. Giovane, dinamica e spettacolare, Trafalgar Square è una tappa obbligatoria nel vostro soggiorno londinese. 
Marocco, Marrakech, Jamaa el Fna
Dichiarata Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità, questa piazza marocchina è davvero un posto speciale, magico: c’è da rimanere stregati a guardare gli incantatori di serpenti o ad ascoltare i cantastorie, che vi faranno volare in alto con la fantasia. Cuore della città rossa, Jamaa el Fna vi regalerà emozioni che difficilmente ritroverete altrove: perdetevi, nel vero senso della parola, nelle viuzze strette dei souk, tra gioielli berberi e borse di pelle, e poi godetevi lo spettacolo del sole che tramonta da una delle terrazze dei numerosi caffè della piazza, magari sorseggiando un tè alla menta. 
Cina, Pechino, Piazza Tienanmen
La Tienanmen, da cui la piazza prende il nome, è il monumento che conduce alla Città Proibita, e cioè il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing. Questo posto deve la sua fama in particolare alle proteste del 1989 e oggi è una delle piazze più ricche di personalità e carattere, dal notevole impatto visivo. Sulla piazza potrete ammirare il monumento agli eroi del popolo, la Grande Sala del Popolo, il Museo nazionale di storia cinese e il mausoleo di Mao Tse-tung. E ricordatevi, siete nel posto giusto se cercate un posto da guinness dei primati: questa è la piazza pubblica più grande del mondo!
Polonia, Cracovia, Piazza del Mercato
Vivace centro culturale e artistico, Cracovia è una città a dir poco meravigliosa, con un centro storico che fin dal 1978 è stato dichiarato, per intero, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Ne fa parte anche la bellissima Piazza del Mercato, con il suo Sukiennice, lo storico Mercato dei Tessuti di Cracovia, che colora questo spazio e lo riempie di suoni e bancarelle di souvenirs e gioielli. Entrate nella Basilica di Santa Maria, che sorge sulla piazza e che vanta uno dei più antichi altari medioevali d’Europa, e poi godetevi la vita della piazza, piena di musicisti, artisti di strada e turisti che arrivano da ogni parte del mondo. 
Russia, San Pietroburgo, Palace Square
Passeggiare nel bel mezzo della Piazza del Palazzo, con al centro la Colonna di Alessandro, dedicata allo zar Alessandro I, costruita per commemorare la sua vittoria contro Napoleone, è come fare un salto indietro nel tempo: l’Ermitage, il Palazzo dello Stato Maggiore, la Prospettiva Nevskij e il complesso dell’Ammiragliato fanno di questo luogo uno dei più affascinanti al mondo, sicuramente uno dei più magnificenti e più carico di storia. 
Iran, Isfahan, Piazza dell’Imam
La Moschea dello Scià con le sue stupende decorazioni; il palazzo Ali Qapu, costruito all’inizio del XVII secolo come residenza degli Scià di Persia; la Moschea Sheikh Lotfallah e l’antico enorme Bazaar di Esfahan  creano un’atmosfera unica, incantata, per una delle piazze più grandi del mondo dichiarata dall’UNESCO Patrimonio dell’umanità nel 1979. 
Germania, Monaco di Baviera, Marienplatz
Sorseggiate una delle ottime birre tedesche nel pieno centro di Monaco e regalatevi la visuale su questa piazza splendida, dominata dall’imponente edificio in stile neogotico, il Neue Rathaus, il Nuovo Municipio e dalla torre che ospita il celebre Glockenspiel, il più grande carillon della Germania che per tre volte al giorno rievoca due grandi eventi della storia della città. 
Messico, Città del Messico, Plaza de la Constitucion
Plaza de la Constitución, meglio conosciuta come El Zócalo, nasce esattamente sopra ai resti di Tenochtitlan, capitale dell’impero Azteca, ed è il cuore pulsante di questa metropoli caliente e vivace: il Templo Mayor, il Palacio Nacional, la Cattedrale metropolitana della città e il tricolore messicano che sventola esprimono perfettamente l’essenza di questa terra incredibile. Artisti, danzatori in costume, lustrascarpe: la piazza pullula di vita.  
Spagna, Madrid, Plaza Mayor
Popolata di giorno e di notte, regale e maestosa, Plaza Mayor, con la sua pianta rettangolare completamente chiusa da edifici a tre piani, è accessibile attraverso nove porte, tra cui il famoso Arco de Cuchilleros. Al centro, la statura equestre di Felipe III; sotto i portici, bar e ristoranti per assaporare l’ottima cucina spagnola.
Siete daccordo?
Beh non basterebbero “100 posizioni” per stilare la mia di classifica…