L’Ospedale di S.Spirito è uno dei più antichi d’Europa. A sollecitare papa Innocenzo III affinché si edificasse un ospedale sulla riva del fiume per il ricovero, oltrechè dei vecchi e degli infermi, anche dei fanciulli abbandonati, fu un sogno: un angelo denunciava le colpe di madri snaturate che solevano gettare nel Tevere i corpicini dei neonati indesiderati. Ecco il significato di quella rota ancora visibile a sinistra del monumentale portone barocco in Borgo Santo Spirito. È l’antica tradizione della “ruota degli esposti”: dall’esterno, per garantire l’anonimato, venivano abbandonati all’interno della ruota i bambini illegittimi, i quali, accolti dalla priora, venivano marchiati con una doppia croce sul piede sinistro e nuovamente “esposti” nella ruota per una eventuale adozione. I piccoli venivano registrati come “filius m. ignotae”, dove m. stava per “matris”, ma, dato che il punto non era mai considerato, la lettura diveniva “filius mignotae”, da cui ne derivò il termine “mignotta” romanesco. Martin Lutero, giunto qui nel 1511, fu scandalizzato nel vedere l’alto numero di bambini abbandonati, pensando che fossero “tutti figli del papa”. La costruzione dell’Ospedale iniziò nel 1198 su terreno di proprietà della “Schola Saxonum”, di nazionalità inglese, per cui fu necessaria l’approvazione del re Giovanni senza Terra. L’architetto di questo istituto innocenziano fu Marchionne d’Arezzo, mentre la sua organizzazione fu regolamentata da un “Liber Regulae” risalente al 1230 circa. A servire gli infermi Innocenzo III chiamò Guido di Montpellier, un personaggio che aveva istituito nel meridione della Francia una congregazione di religiosi ospedalieri, detta di S.Spirito. Nei primi tempi l’ospedale era chiamato di S.Maria in Saxia, ma ben presto assunse il titolo di S.Spirito in Saxia (dal nome della chiesa ad esso annessa). Nel 1204 l’Ospedale fu arricchito dalle entrate della chiesa di Writtle, nel territorio di Londra, che Giovanni senza Terra assegnò al nuovo istituto romano. Nell’ultimo medioevo l’Ospedale poteva ospitare circa 300 infermi e assistere, nei suoi ambulatori, circa 1000 ammalati. Nel 1414 l’Ospedale fu costretto a sospendere l’assistenza, essendo stato depauperato di ogni rendita. Sisto IV fu il continuatore della grandiosa istituzione e, per adeguarla alle nuove esigenze, demolì tutte le precedenti costruzioni per edificare il nuovo ospedale (1475), dandone l’incarico a Baccio Pontelli, Giovanni de’ Gherarducci e Andrea Bregno. La nuova struttura, elegante e funzionale, considerata una delle opere migliori del Quattrocento romano, è caratterizzata dall’Ottagono (visibile nella foto in alto, sotto il titolo), una specie di torre che si erge maestosa al di sopra dell’edificio e che divide in due ali la corsia denominata Ala Sistina. Lungo la corsia si allineavano letti somiglianti a troni e, quando il numero dei ricoverati aumentava per epidemie, si aggiungevano letti al centro delle corsie chiamati “cariole“: da qui deriva l’invettiva in dialetto romanesco “li mortacci tua e de tu nonno in cariola“, evidenziando la morte dell’avo in “cariola“, cioè in soprannumero. La ristrutturazione avvenuta nel XVII secolo per volontà di Alessandro VII manomise l’antica facciata, con la trasformazione del portico e l’aggiunta di una seconda corsia. Nel 1742 Ferdinando Fuga, per volere di Benedetto XIV, aggiunse una terza corsia, demolita alla fine dell’Ottocento e sostituita dal massiccio edificio a fronte del Lungotevere in Sassia. L’ultimo restauro, avvenuto nel 1926, ricostruì invece l’antica facciata quattrocentesca, con l’elegante prospetto a bifore in marmo. All’Ospedale erano annessi, fin dal Medioevo, i locali nei quali i frati ospedalieri provvedevano a preparare i farmaci, gli aromata, i vari tipi di elisir e di elettuari, i materiali primi per i clisteri, per la cura delle ferite, per la terapia delle piaghe purulente. Possiamo ritenere che tali antichi locali furono la base dell’attuale straordinario museo annesso all’Ospedale, il Museo Storico Nazionale dell’Arte Sanitaria, inaugurato nel 1933. Il Museo conserva una raffinata macchina lignea, una mola, che serviva per macinare la corteccia dell’albero di china e produrre il chinino, il primo potente antimalarico che i Gesuiti importarono dalla Cina e dal Perù. Inoltre vi è conservata la più antica carrozza della Croce Rossa, strumenti chirurgici di varie epoche e popoli, un ceppo che nel XVI secolo era usato per legare gli ammalati ritenuti pazzi e gli strumentari primitivi e rozzi che erano usati in ostetricia o per gli aborti terapeutici. Una curiosità notevole è una sorta di grande siringa che, riempita di acqua benedetta, veniva immessa nella matrice per spruzzare il feto ancora vivo e ottenerne il battesimo, quando vi era rischio di morte imminente. Preziosa anche la Biblioteca del Museo che raccoglie oltre diecimila tra opuscoli, libri e manoscritti, patrimonio eccezionale per la storia dell’arte sanitaria. Annesso all’Ospedale, in Borgo S.Spirito 3, si trova il Palazzo del Commendatore, ossia il Rettore dell’Ospedale, ricostruito su progetto di Nanni di Baccio Bigio nel quadriennio 1567-1571 su un preesistente edificio del Quattrocento distrutto durante il Sacco di Roma: i lavori furono eseguiti su autorizzazione di Pio V e su istanza del Commendatore dell’epoca, Bernardino Cirillo e perciò detto anche “Palazzo di Cirillo”. Sorge sull’area dell’ex palazzo Migliorati, nel quale si esponeva, fino a tutto il 1400, il Volto Santo della Veronica, appositamente portato in processione da S.Pietro. L’edificio, che attualmente ospita gli Uffici dell’ospedale, presenta una facciata austera su due piani, con un elegante cornicione ed un maestoso portale bugnato. All’interno un ampio cortile, circondato da un vasto porticato sul quale corre un loggiato a grandi archi e colonne in marmo, è caratterizzato da un curioso orologio barocco a forma di cappello cardinalizio, postovi nel 1827 , diviso in sei ore, alla romana, con un ramarro che fa da lancetta e con un serpente che si morde la coda e che incornicia il quadrante. All’angolo tra Borgo S.Spirito e via dei Penitenzieri sorge la chiesa di S.Spirito in Sassia , ricostruita, al pari del Palazzo del Commendatore, a seguito dei danneggiamenti subiti durante il Sacco del 1527, sulla preesistente chiesa di S.Maria in Saxia. L’opera, affidata ad Antonio da Sangallo il Giovane, fu portata a termine nel 1544, salvo la facciata che Ottaviano Mascherino portò a compimento nel 1590. Quest’ultima, decorata da una scenografica scalinata, si presenta divisa in due piani: il primo presenta sei lesene con capitelli compositi, quattro nicchie con riquadri al centro ed il portale con timpano triangolare con mensole. Il secondo piano presenta quattro lesene con due nicchie ed un grande occhialone centrale sormontato dallo stemma di Sisto V; il sovrastante frontone è coronato dalla colomba raffigurante lo “Spirito Santo”. Bellissimo e possente il campanile, opera quattrocentesca di Baccio Pontelli.
Fonte : romasegreta