Villa Aldobrandini – Riapertura Oggi!

Situata in prossimità della piazza del Quirinale, la villa, dal 1926 proprietà dello Stato, si presenta come un giardino pensile, racchiuso da muraglioni, in prossimità di via Nazionale e via Quattro Novembre. Vi si accede da una via laterale, via Mazzarino, attraverso una ripida scalinata che si inerpica tra ruderi antichi della fine del I secolo. L’apertura di via Nazionale, realizzata dopo il 1870 in seguito all’avvento di Roma Capitale, comportò la drastica riduzione delle estese proprietà della villa, (che con i suoi orti arrivava in prossimità del Casino Pallavicini-Rospigliosi accanto alla piazza del Quirinale) riducendo il territorio alle dimensioni attuali. Nel secolo scorso il palazzo e parte del giardino, furono assegnati all’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato.

 

Dove si trova: Municipio I, Rione I – Monti
Epoca: XVI-XIX secolo
Estensione: 8000 mq
Ingressi: via Mazzarino 11 (accesso con rampe di scale)

Nel 1566 monsignor Giulio Vitelli, originario di Città di Castello, acquistò una vigna, con orti ed alcuni edifici a Monte Magnanapoli, dai genovesi Luca e Giovanni Battista Grimaldi.

La villa comprendeva, secondo lo schema cinquecentesco, un edificio, un giardino segreto e un parco che si estendeva fino al palazzo del cardinale Scipione Borghese (poi palazzo Pallavicini Rospigliosi). Giulio Vitelli affidò i lavori di restauro e abbellimento della Villa all’architetto Carlo Lambardi che ampliò il portone di ingresso costruendovi sopra una loggia: si tratta del padiglione su largo Magnanapoli (angolo con via Panispera), dal quale si arrivava al prospetto principale del palazzo attraverso una via coperta con cordonata oggi non più visibile.

Nel 1600 Clemente Vitelli, figlio di Giulio, vendette la Villa a papa Clemente VIII (1592-1605), e questi la donò l’anno successivo al nipote, il cardinale Pietro Aldobrandini. Giacomo Della Porta, architetto di fiducia del nuovo proprietario, dotò il palazzo di scale e logge e di una facciata continua sul giardino. Questo fu arricchito con alberi ad alto fusto, in parte ancora esistenti. I viali furono arredati con statue (oggi in copia), vasi, cippi, sedili, alcune fontane e una peschiera (oggi non più esistente). Tutti i lavori, per i quali il cardinale impiegò una grande quantità di denaro, vennero condotti, anche se non del tutto finiti, in un lasso di tempo molto breve tra il 1601 e il 1602.

Ai piani superiori del palazzo era ospitata una ricchissima collezione di opere d’arte lasciate in eredità al cardinale nel 1598 dalla duchessa di Urbino, Lucrezia d’Este, con cui lo stesso Aldobrandini aveva trattato la donazione di Ferrara alla Santa Sede.

Dopo la morte del cardinale, la Villa passò per via ereditaria alle famiglie Pamphilj e Borghese, che spostarono nelle Gallerie dei propri palazzi gran parte della collezione Aldobrandini.

Tra il 1811 e il 1814 la Villa fu sede del governatore francese a Roma, conte Sextius de Miollis, acquistando nuova importanza, ma subito dopo tornò in mano degli Aldobrandini, che la tennero fino al 1926 quando – ormai ridotta di dimensioni per l’apertura di via Nazionale – passò allo Stato italiano.

Negli anni Trenta, infine, l’architetto Marcello Piacentini aggiunse a destra del portone che oggi rappresenta l’entrata principale del palazzo, su via Panisperna, un corpo neocinquecentesco.

Il palazzo e parte del giardino, oggi recintati e chiusi al pubblico, furono assegnati all’Istituto Internazionale per l’Unificazione del Diritto Privato; il resto del parco, con i tre padiglioni, è passato al Comune di Roma che, su progetto di Cesare Valle, fece costruire nel 1938 una scalinata per il nuovo ingresso pubblico su via Mazzarino.

La collezione

Ormai divisa e trasferita in altre sedi e musei, la collezione ospitata nella villa era formata da alcuni pezzi particolarmente importanti. Vi erano quadri di Giovanni Bellini, Tiziano, Dosso Dossi e più in generale della scuola veneta e ferrarese, oltre a quella dei Carracci, di Raffaello e dell’ambiente romano. In sostanza, offriva un panorama di ampio profilo della produzione pittorica italiana cinquecentesca e degli inizi del Seicento.

Nel padiglione cinquecentesco era collocata la pittura di epoca romana raffigurante una scena nuziale, universalmente nota come “Nozze Aldobrandine”, venuta in luce nel 1601 “a Santo Giuliano”, nel Rione Esquilino ed ora conservata ai Musei Vaticani.

La Villa è stata chiusa nel novembre 2013 per consentire una serie d’interventi di restauro e messa in sicurezza.

Gli interventi a cura della Sovrintendenza Capitolina hanno riguardato il restauro di alcuni pregevoli marmi antichi e delle basi che sorreggono le statue presenti nel giardino, la pulizia e la riattivazione delle fontane, la messa in sicurezza degli arredi instabili, il recupero degli elementi architettonici deteriorati dei padiglioni. In area archeologica, gli interventi, non ancora conclusi, sono consistiti nella messa in sicurezza di murature e aree a rischio. Un complesso intervento di ripulitura dalle scritte vandaliche ha completato i lavori nella villa.

La Villa è stata dotata inoltre di un complesso sistema di videosorveglianza ed allarmi antiintrusione che ne assicurano la copertura visuale completa, collegati alla Centrale di Monitoraggio della Sovrintendenza Capitolina dove viene assicurato un controllo continuo tutti i giorni h 24.

MMDCCLXIX Dies Natalis – 2769° Natale

MMDCCLXIX Dies Natalis – 2769° Natale di Roma21 – 24 aprile 2016Programma manifestazione a cura del Gruppo Storico Romano(tutti gli eventi sono ad ingresso gratuito) Giovedì 21 Aprile 

NASCE ROMA
h. 9-16 Circo Massimo: Inaugurazione del Castrum e apertura dei banchi didattici – incontri con le scuole di Roma;

11-14 Campidoglio: convegno culturale presso la sala del Carroccio: 

“Roma oltre l’Oceano: Claudio, la conquista della Britannia e la Fondazione di Londra.”

14 -15 Circo Massimo: history talkpresso lo spazio-cultura

INCONTRO CON EMMA POMILIO, scrittrice (Il Ribelle, la Notte di Roma, Dominus, Il Sangue dei Fratelli, la Vespa nell’Ambra)

                        Introduce Dr. Michele Forgione (Gazebi Convegni);h.15 Circo Massimo: rappresentazione spettacolare del Tracciato del solco, ricostruzione storica della fondazione della città di Roma  2769 anni or sono;

h.16 Circo Massimo: rappresentazione spettacolare della Festa della Palilia, ricostruzione storica della cerimonia religiosa atta a purificare le greggi e i pastori che si teneva nelle ricorrenze del natale di Roma;

17 Circo Massimo: evento equestre I cavalli e Roma, racconto con cavalli che mette in luce il significativo rapporto tra la città e i cavalli sin dalla Roma antica attraverso la rappresentazione spettacolare di alcune tappe significative (a cura dell’Associazione culturale Carnevale Romano – Accademia del Teatro equestre  con il contributo del “Museo delle carrozze d’epoca”);


per tutta la giornata sarà realizzata presso il punto cultura del Circo Massimo una mostra fotografica di tutte le edizioni del Natale di Roma a cura dell’associazione “Fotografiamo”

 

Venerdi 22 aprile

9-16 Circo Massimo: banchi didattici e incontri con le scuole di Roma presso il Castrum;

12 -14 Circo Massimo: history talkpresso lo spazio-cultura;

INCONTRO CON ANDREA MONTESANTI E CLAUDIO VALENTE autori    del romanzo “Quelle Capanne Chiamate RomaINTERVISTA DI MARIANO MALAVOLTA Introduce Andrea Buccolini (Gazebi Convegni)

h.14-16 Circo Massimo: Ludi gladiatori con i bambini di Roma, presso il castrum;

 

per tutta la giornata sarà realizzata presso il punto cultura del Circo Massimo una mostra fotografica di tutte le edizioni del Natale di Roma a cura dell’associazione “Fotografiamo”

 


Sabato 23 aprile

9-16 Circo Massimo: banchi didattici e incontri con le scuole di Roma presso il Castrum;

12 -14 Circo Massimo: history talkpresso lo spazio-cultura;

h.14-16 Circo Massimo: Ludi gladiatori con i bambini di Roma, presso il castrum;

 

per tutta la giornata sarà realizzata presso il punto cultura del Circo Massimo una mostra fotografica di tutte le edizioni del Natale di Roma a cura dell’associazione “Fotografiamo”

 


Domenica 24 aprile

10-11 Circo Massimo: rappresentazione spettacolare del Commissio feriarum, suggestiva ricostruzione storica della cerimonia rituale di accensione del fuoco;

11-13 Circo Massimo-Via dei Cerchi-Via Luigi Petroselli-Via del Teatro di Marcello-Piazza Venezia-Via dei Fori Imperiali- Piazza del Colosseo-Via San Gregorio: il più imponente Corteo storicodella romanità, 2000 rievocatoti giunti a Roma da ogni parte d’Italia e d’Europa per celebrare il 2769° Natale di Roma che prenderà via dal Circo Massimo per sfilare davanti al Teatro di Marcello, il Campidoglio, Piazza Venezia e Via dei Fori Imperiale e giungere quindi al Colosseo prima di far ritorno al Circo Massimo

h.14-17 Circo Massimo: rappresentazioni spettacolari e  ricostruzioni storichead opera dei gruppi di rievocatori intervenuti alla sfilata;

h.17 Circo Massimo: Gran finale, la ricostruzione della battaglia per la conquista della Britannia con oltre 300 rievocatori che si affronteranno in una battaglia simulata nella rievocazione della storica impresa condotta dall’Imperatore Claudio che portò alla conquista della Britannia nel 43/44 d.C.


per tutta la giornata sarà realizzata presso il punto cultura del Circo Massimo una mostra fotografica di tutte le edizioni del Natale di Roma a cura dell’associazione “Fotografiamo”

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Venezia la Bella…Padova sua sorella!

Un mese fa circa sono stata a Padova.

Non era la prima volta ma quando andai fu solo per visita la Bellissima Cappella dei Scrovegni (In realtà, quella “semplice costruzione” come la definì lo stesso Giotto, ospita il più importante ciclo di affreschi del mondo).

Se passate per Padova stupitevi ammirando il cielo stellato sotto il quale si svolgono gli episodi della vita di Gioacchino e Anna (riquadri 1-6), quelli della vita di Maria (riquadri 7-13) e gli episodi della vita e morte di Cristo. Stupitevi un pochino di più pensando che Giotto ci mise solo due anni a completare il tutto. Nel 1303 riceve l’incarico da Enrico Scrovegni e nel 1305 ha già terminato. Enrico volle costruire la Cappella in suffragio dell’anima del padre, Reginaldo Scrovegni, che di cose da farsi perdonare ne aveva molte. Banchiere e usuraio, talmente famoso e temuto, da essere collocato da Dante nell’inferno della Divina Commedia. Con la Cappella degli Scrovegni, Giotto cominciò la rivoluzione della pittura moderna.

Sono tornata poichè il nonno del mio ragazzo è originario di un paesino a pochi Km di distanza,Arquà Petrarca,ragion per cui abbiamo deciso di passare un week end tutti insieme nella sua casa!

Il venerdì di quel week end lo abbiamo passato per metà giornata a Padova,riuscendo a vedere parecchie cose :

Basilica di Sant’Antonio a Padova

I padovani chiamano Sant’Antonio “Il Santo“, senza aggiungere il nome. Questo fa comprendere non solo l’affetto ma anche l’importanza per Padova della Basilica che ospita le reliquie di Sant’Antonio.

Meta di un pellegrinaggio senza sosta che raggiunge il culmine con la processione del 13 giugno, la Basilica di Sant’Antonio merita una visita anche per la presenza di molti capolavori dell’arte italiana. La prima cosa che si nota è la compresenza di stili diversi dovuti agli interventi che si sono susseguiti: la facciata romanica, il deambulatorio gotico con le sette cappelle, le cupole bizantine i campanili moreschi. All’interno, partendo da destra, si susseguono la Cappella del Gattamelata e quella di San Giacomo affrescata nel 1300 da Andriolo de Santi, uno dei maggiori architetti e scultori veneziani d’allora. Subito dopo c’è la Cappella della Crocifissione e poi la Sala del Capitolo, con un frammento di Crocifissione attribuito a Giotto. Il “Tesoro della Basilica” con le reliquie del Santo si trova al centro del Deambulatorio. In diverse teche sono visibili la lingua e il mento intatti di Sant’Antonio, segno, secondo la Chiesa, del riconoscimento che Dio ha voluto dare all’instancabile opera di evangelizzazione del Santo. Nella Piazza antistante la basilica da non perdere Il monumento equestre al Gattamelata, statua in bronzo di Donatello, autentica rivoluzione nella storia dell’arte: è stata la prima statua equestre di grandi dimensioni svincolata da altri elementi architettonici.

Piazza delle Erbe e della Frutta a Padova

Da secoli, Piazza delle Erbe, è il luogo di Padova deputato al mercato. I nomi che si sono susseguiti per definire questo ampio spazio ne hanno sempre indicato l’origine e la funzione commerciale: “Piazza della Biada“, “Piazza Del Vino“, così come le scale dell’imponente Palazzo Ragione venivano chiamate “Scala delle Erbe” perché ci si mettevano i venditori di lattughe, cipolle, porri, verze o “Scala del vino” o la “Scala dei ferri lavorati“.

In realtà anche i nomi delle vie circostanti la piazza tradiscono la loro funzione commerciale: osti, macellai, fruttivendoli, ogni angolo aveva una specializzazione. Alle spalle di Piazza delle Erbe, divisa dal Palazzo della Ragione, c’è l’altra piazza commerciale di Padova: è Piazza della Frutta. Anche in questo caso il nome tradisce origine e funzione originaria, anche se adesso ospita un mercato in cui si vendono quasi esclusivamente abiti. Da notare il Peronio, una colonna medievale il cui nome deriva dal latino perones, le calzature in cuoio che qui venivano vendute.

Le due piazze sono unite dal “Volto della Corda” o “Canton delle busie“, passaggio coperto chiamato così perché qui i bugiardi, i falliti, gli imbroglioni e i debitori venivano colpiti sulla schiena con una corda. Le corde rimanevano sempre appese a cinque anelli di pietra infissi nel muro come monito. L’angolo sotto al “Volto della Corda” prende il nome di “Canton delle busie” (angolo delle bugie) perché qui i commercianti tenevano le loro trattative. Sono ancora oggi visibili le pietre bianche con le antiche misure padovane, riferimento per impedire che i venditori imbrogliassero i clienti.

Palazzo della Ragione a Padova

Su Piazza delle Erbe affaccia il più imponente palazzo nonché simbolo di Padova: è Palazzo della Ragione (1208 circa) nei secoli sede del Tribunale, da cui prende il nome. I padovani lo chiamano anche “Il salone” perché il primo piano è in realtà un unico ambiente a forma di salone, per molti secoli il più grande del mondo, a cui si accede dalla “Scala delle Erbe” in Piazza delle Erbe.

L’interno del palazzo è stupefacente: un unico ambiente lungo 80 metri e largo 27, completamente affrescato. Doveva essere ancora più bello quando c’erano gli affreschi di Giotto, distrutti durante l’incendio del 1420. Il ciclo pittorico all’interno del palazzo è uno dei più grandi al mondo: si susseguono motivi zodiacali, astrologici, religiosi, animali, che simboleggiano le attività della città, nei diversi periodi dell’anno e l’intervento dei giudici del palazzo per derimere le questioni. Nel Salone è conservata laPietra del Vituperio“, un blocco di porfido nero di su cui i debitori insolventi erano obbligati a spogliarsi e battere per tre volte le natiche prima di essere costretti a lasciare la città. Questa pratica ha dato origine all’espressione restar in braghe de tea. Davanti al Salone (accanto al Palazzo Comunale) c’è il “Palazzo delle Debite“, adibito a prigione a cui si accedeva direttamente dal Palazzo della Ragione con un passaggio ormai distrutto.

Prato della Valle a Padova

I padovani sono fieri della grandezza di Prato della Valle (88620 mq), una piazza che per estensione totale è seconda solo alla Piazza Rossa di Mosca. Per comprendere quanto effettivamente sia grande, basta pensare che è formata da un’isola centrale, completamente verde, chiamata Isola Memmia in onore del podestà che commissionò i lavori.

Intorno all’isola c’è una canale di circa 1,5 km di circonferenza, circondato da una doppia fila di statue numerate (78) di personaggi famosi del passato. Per raggiungere l’isola centrale ci sono 4 viali incrociati con relativi ponti sul canale. Prato della Valle sorge in un luogo da sempre fulcro della vita di Padova: qui c’era un grande teatro romano e un circo per le corse dei cavalli. Qui furono martirizzati due dei quattro patroni della città, Santa Giustina e San Daniele. Nel Medioevo si svolgevano fiere, giostre e feste pubbliche. Oggi in Prato della Valle turisti e padovani passeggiano, vanno in bici, prendono il sole d’estate o fanno tardi la sera. Dopo anni di abbandono, la Piazza ha finalmente ripreso la sua centralità nella vita di Padova.

Duomo e Battistero di Padova

La Basilica di Sant’Antonio prende gran parte dell’attenzione dei turisti che si recano a Padova, mettendo in secondo piano il Duomo e il Battistero. Il Duomo, dedicato a Santa Maria Assunta, fu costruito a partire dal 1522 su progetto di Michelangelo Buonarroti.

La facciata su cui si aprono i tre portali è incompleta mentre l’interno è ampio e armonioso anche se di non particolare originalità. Molto più bello è il Battistero adiacente al Duomo con un ciclo di affreschi considerato il capolavoro di Giusto de’ Menabuoi. Appena si alza lo sguardo verso la cupola ci si sente osservati da centinaia di occhi di angeli e santi e lo sguardo severo del Cristo Pantocratore al centro della scena. Sulle altre pareti e sui pennacchi sono rappresentate “Storie della Genesi“, “Profeti ed evangelisti” e le “Storie di Cristo e del Battista“.

Santa Giustina

Il grandioso e celebre tempio di Santa Giustina, che secondo alcuni studiosi sorgerebbe sulle rovine di un tempio pagano, è la più importante opera architettonica di Padova e il più antico luogo di culto della città.
La chiesa, straordinariamente affascinante per la sua posizione laterale ed asimmetrica rispetto a Prato della Valle, venne fondata intorno al V secolo su un luogo cimiteriale in memoria della martire Giustina: una giovane patrizia cittadina che fu martirizzata nel 304 nella feroce persecuzione di Massimiliano. Secondo la tradizione il padre della martire, Vitaliano, alto funzionario imperiale che pare fosse stato convertito al cristianesimo da San Prosdocimo, fece costruire il primo nucleo della chiesa che sarebbe diventata la sede della prima cattedrale della città cristiana.
Alla Chiesa fu annesso successivamente un monastero benedettino e il complesso si arricchì progressivamente di beni e reliquie. Dopo la ricostruzione, a seguito del terremoto del 1117, la chiesa fu demolita nel 1502 per dar posto all’attuale colosso, realizzato tra il 1532 e il 1579 da diversi architetti, e in particolare da Andrea Moroni e Andrea da Valle.

La facciata, che sarebbe dovuta essere ricoperta di marmo, probabilmente bianco, non fu mai portata a termine.
Sulla gradinata si possono ammirare due grifi in marmo rosso di Verona appartenenti al portale duecentesco.
Furono inoltre necessari 85 anni per arrivare alla copertura del tetto che richiese enormi quantità di denaro e di materiali. Ed è per queste ragioni che quando si pensa ad un lavoro interminabile, si dice: “…longo come a fabrica de Santa Giustina”.
La facciata in ruvida pietra è d’altra parte entrata a pieno titolo nell’immagine acquisita, in tutto ciò aiutata dall’orizzonte delle otto cupole, che le danno un aspetto rotondeggiante, e dal campanile poggiante sul predecessore medievale, che nasconde interessanti elementi delle fabbriche anteriori e che domina la vastissima mole della Basilica.

L’interno, vasto e luminoso, uno dei massimi capolavori dell’architettura rinascimentale, è a croce latina e si presenta diviso da grandi pilastri in tre navate. La luce entra attraverso le cupole finestrate. Per dimensioni (122 metri di lunghezza) Santa Giustina è la nona tra le chiese del mondo, segnata anche nel pavimento della Basilica di S. Pietro a Roma.
Partendo dalla navata di destra, dietro l’Arca di San Mattia si apre un suggestivo passaggio per il Pozzo dei Martiri (1566) dove sono raccolte tutte le reliquie dei martiri padovani, ornato da quattro statue in terracotta; sulla destra una gabbia in ferro che conteneva le reliquie di San Luca. Di qui giungiamo al Sacello di S. Prosdocimo (il sacello è una piccola cappella votiva) con ricche decorazioni marmoree e musive (di mosaico), fatto costruire alla fine del VI secolo.
Tornati in chiesa attraverso il transetto e la cappella dedicata a San Massimo, nota per il movimentato gruppo marmoreo di Filippo Parodi raffigurante la Pietà, si accede alla trecentesca Cappella di S. Luca.
L’ancona (tavola dipinta) di Andrea Mantegna che era posta sopra l’Arca di San Luca, opera pisana del 1316 con bellissimi rilievi in alabastro, fu asportata da Napoleone e oggi si trova alla Pinacoteca Brera di Milano.
Una lapide in marmo nero ricorda la sepoltura della veneziana Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, morta nel 1684 a soli 38 anni, la prima donna laureata nel mondo (1678).
Attraverso il Coro vecchio, che era l’abside della chiesa precedente (1462), con 50 stalli e sedili in noce, si accede all’antisagrestia, dove è custodito l’architrave del portale romanico della basilica vecchia (1080 circa).
La sagrestia (1462) racchiude arredi lignei seicenteschi.
Notevolissimi gli intagli e i decori del cinquecentesco coro, dove la pala (Martirio di S. Giustina, 1575 circa) all’altare di fondo è di Paolo Veronese.
La cappella a sinistra del presbiterio reca nella volta e nel catino affreschi di Sebastiano Ricci.

Il ricco monastero, che in passato accolse personaggi illustri e papi, fu soppresso da Napoleone Bonaparte nel 1810 e trasformato in caserma e ospedale militare. Ritornò ai monaci nel 1919 e fu eretto nuovamente in Abbazia nel 1943.
E’ possibile visitarne il Chiostro del Capitolo, costruito nel XII secolo in stile romanico e il Chiostro Maggiore, chiamato anche Chiostro Dipinto per i molti affreschi che lo decoravano.
La biblioteca monastica medioevale, con i suoi arredi, i suoi scaffali scolpiti in legno pregiato, le ricche tappezzerie, le raccolte d’arte, incrementate da lasciti e donazioni, e i suoi 80.000 volumi, aveva raggiunto l’apice nel XVIII secolo, ma a seguito di un decreto di Napoleone fu soppressa. Gli scaffali furono portati nella Sala dei Giganti della Reggia Carrarese, ora Liviano, ma purtroppo furono tanti i libri e i capolavori d’arte dispersi.

Caffè Pedrocchi (Assaggiate il Pedrocchino,caffè buonissimo!!!)

Il Caffè Pedrocchi è un caffè storico di fama internazionale, situato nel pieno centro di Padova, in via VIII febbraio nº 15.

Aperto giorno e notte fino al 1916 e perciò noto anche come il “Caffè senza porte“, per oltre un secolo è stato un prestigioso punto d’incontro frequentato da intellettuali, studenti, accademici e uomini politici.

L’8 febbraio 1848, il ferimento al suo interno di uno studente universitario diede il via ad alcuni dei moti caratterizzanti il Risorgimento italiano e che sono ancora oggi ricordati nell’inno ufficiale universitario, Di canti di gioia.

Tra Settecento e Ottocento il consumo del caffè si è diffuso anche in Italia e si è andata così affermando la tradizione del caffè come circolo borghese e come punto d’incontro aperto, in contrapposizione alla dimensione privata dei salotti nobili. A Padova la presenza aggiuntiva di oltre tremila persone tra studenti, commercianti e militari fece sì che, più che in altri centri cittadini, si sviluppasse questo tipo di attività.

In questo contesto, nel 1772 il bergamasco Francesco Pedrocchi apre una fortunata “bottega del caffè” in un punto strategico di Padova, a poca distanza dall’Università, dal Municipio, dai mercati, dal teatro e dalla piazza dei Noli (oggi Piazza Garibaldi), da cui partivano diligenze per le città vicine, e dall’Ufficio delle Poste (oggi sede di una banca).

Il figlio Antonio, ereditata la fiorente attività paterna nel 1800, dimostra subito capacità imprenditoriali decidendo di investire i guadagni nell’acquisto dei locali contigui al suo e, nel giro di circa 20 anni, si ritrova proprietario dell’intero isolato, un’area pressappoco triangolare delimitata a est dalla via della Garzeria (oggi via VIII febbraio), a ovest da via della Pescheria Vecchia (oggi vicolo Pedrocchi) e a nord dall’Oratorio di San Giobbe (oggi piazzetta Pedrocchi).

Il 16 agosto 1826 Antonio Pedrocchi presenta alle autorità comunali il progetto per la costruzione di uno stabilimento, comprendente locali destinati alla torrefazione, alla preparazione del caffè, alla “conserva del ghiaccio” e alla mescita delle bevande. Prima di questo cantiere, Pedrocchi aveva incaricato un altro tecnico, Giuseppe Bisacco, di eseguire i lavori di demolizione dell’intero isolato e di costruire un edificio ma, insoddisfatto del risultato, aveva richiesto a Giuseppe Jappelli, ingegnere e architetto già di fama europea e esponente di spicco della borghesia cittadina che frequentava il caffè, di riprogettare il complesso dandogli un’impronta elegante e unica.

Nonostante le difficoltà determinate dal dover disegnare su una pianta irregolare e dal dover coordinare facciate spazialmente diverse, Jappelli fu in grado di progettare un edificio eclettico che trova la sua unità nell’impianto di stile neoclassico. L’illustre veneziano volle trasferire in architettura la sua visione laica e illuminista della società, creando quello che poi diverrà uno degli edifici-simbolo della città di Padova.

Il piano terreno fu ultimato nel 1831, mentre nel 1839 venne realizzato il corpo aggiunto in stile neogotico denominato “Pedrocchino”, destinato ad accogliere l’offelleria (pasticceria). In occasione del “IV Congresso degli scienziati italiani” (evento dal titolo significativo, visto che Padova si trovava ancora sotto la dominazione asburgica), nel 1842 si inaugurarono le sale del piano superiore che, secondo il gusto storicizzante dell’epoca, erano state decorate in stili diversi, creando un singolare percorso attraverso le civiltà dell’uomo.

Per la loro realizzazione Jappelli si avvalse della collaborazione dell’ingegnere veronese Bartolomeo Franceschini e di numerosi decoratori, tra cui il romano Giuseppe Petrelli, al quale si deve la fusione delle balaustre delle terrazze con i grifi, i bellunesi Giovanni De Min, ideatore della sala greca, Ippolito Caffi della sala romana e Pietro Paoletti della sala pompeiana (o “ercolana”), il padovano Vincenzo Gazzotto, pittore del dipinto sul soffitto della sala rinascimentale.

Le sale del piano superiore erano destinate a incontri, convegni, feste e spettacoli e il loro utilizzo veniva concesso ad associazioni pubbliche e private che, a vario titolo, potevano organizzare eventi.

Antonio Pedrocchi si spense il 22 gennaio 1852. Animato dalla volontà di lasciare la gestione del suo caffè a una persona di fiducia, aveva adottato Domenico Cappellato, il figlio di un suo garzone, che alla morte del padre putativo si impegnò nel dare continuità all’impresa ricevuta in eredità, pur cedendo in gestione le varie sezioni dello stabilimento.

Alla morte di Cappellato, avvenuta nel 1891, il caffè passa al Comune di Padova. In un testamento stilato alcuni mesi prima, Cappellato lasciava infatti lo stabilimento ai suoi concittadini:

« Faccio obbligo solenne e imperituro al Comune di Padova di conservare in perpetuo, oltre la proprietà, l’uso dello Stabilimento come trovasi attualmente, cercando di promuovere e sviluppare tutti quei miglioramenti che verranno portati dal progresso dei tempi mettendolo al livello di questi e nulla tralasciando onde nel suo genere possa mantenere il primato in Italia »
(Dal testamento di Domenico Cappellato Pedrocchi)

La decadenza

Uno scorcio della Sala Rossa al piano terra del caffè

Un inevitabile degrado dovuto alle difficoltà determinate dalla grande guerra caratterizzerà il caffè negli anni tra il 1915 e il 1924. In quest’ultima data hanno inizio i lavori di restauro del “Pedrocchino”, che si protrarranno fino al 1927. Negli anni successivi va purtroppo dispersa gran parte degli arredi originari disegnati dallo stesso Jappelli, che verranno sostituiti via via nell’epoca fascista.

Dopo la seconda guerra mondiale, con il progetto dell’architetto Angelo Pisani che si impone contro quello di Carlo Scarpa, mai preso in considerazione dall’amministrazione comunale, si avvia un nuovo restauro che ridefinisce i vani affacciati sul vicolo posteriore, trasforma lo stesso vicolo in una galleria coperta da vetrocemento e ricava alcuni negozi, un posto telefonico pubblico e una fontana in bronzo sventrando parte dell’Offelleria, del Ristoratore e demolendo la Sala del Biliardo.

Nonostante le proteste di molti cittadini e le perplessità della Soprintendenza ai monumenti, viene sostituito lo storico bancone in marmo con banchi di foggia moderna, viene installata una fontana luminosa al neon e le carte geografiche della sala centrale, caratterizzate dalla rappresentazione rovesciata delle terre emerse (curiosamente il sud viene rappresentato in alto) vengono sostituite da specchi.

Per buona parte degli anni ottanta e novanta il Pedrocchi rimane chiuso per difficoltà tra i titolari della gestione e il Comune; nel 1994 viene finalmente deciso il recupero dei locali e all’architetto Umberto Riva e ai collaboratori M. Macchietto, P. Bovini e M. Manfredi viene affidato il compito di rimediare ai danni provocati dal devastante restauro Pisani degli anni cinquanta e di riportare all’antico splendore i locali dello storico caffè.

Dopo l’esecuzione del primo stralcio di lavori, il 22 dicembre 1998 il caffè viene restituito ai cittadini di Padova.

Architettura

Il Caffè Pedrocchi si configura come un edificio di pianta approssimativamente triangolare, paragonata a un clavicembalo. La facciata principale si presenta con un alto basamento in bugnato liscio, guarda verso est e si sviluppa lungo la via VIII febbraio; su di essa si affacciano le tre sale principali del piano terra: la Sala Bianca, la Sala Rossa e la Sala Verde, così chiamate dal colore delle tappezzerie realizzate dopo l’Unità d’Italia nel 1861.

La Sala Rossa è quella centrale, divisa in tre spazi, è la più grande e vede attualmente ripristinato il bancone scanalato di marmo così come progettato da Jappelli. La Sala Verde, caratterizzata da un grande specchio posto sopra al camino, era per tradizione destinata a chi voleva accomodarsi e leggere i quotidiani senza obbligo di consumare. È stata pertanto ritrovo preferito degli studenti squattrinati e a Padova si fa risalire a questa consuetudine il modo di dire essere al verde. La Sala Bianca, si affaccia verso il Bo, conserva in una parete il foro di un proiettile sparato nel 1848 dai soldati austro-ungarici contro gli studenti in rivolta contro la dominazione asburgica. Inoltre, è anche nota come ambientazione scelta da Stendhal per il suo romanzo “La certosa di Parma”. Completa il piano terra la Sala Ottagona o della Borsa, dall’arredo non troppo raffinato, destinata in origine alle contrattazioni commerciali.

A sud il caffè termina con una loggia sostenuta da colonne doriche e affiancata dal corpo neo-gotico del cosiddetto “Pedrocchino”. Quest’ultimo, è costituito da una torretta a base ottagonale che rappresenta una fonte di luce, grazie alle finestre disposte su ogni lato. Inoltre, al suo interno è presente una scala a chiocciola. Due logge nello stesso stile si trovano dislocate sul lato nord, e davanti a queste si trovano quattro leoni in pietra scolpiti dal Petrelli, che imitano quelli in basalto che ornano la cordonata del Campidoglio a Roma.

Tra le due logge del lato nord si trova una terrazza delimitata da colonne corinzie.

Il piano superiore o “piano nobile” è articolato in dieci sale, ciascuna decorata con uno stile diverso:

  1. Etrusca
  2. Greca
  3. Romana: caratterizzata da una pianta circolare;
  4. Stanzino barocco
  5. Rinascimentale
  6. Gotica-medievale
  7. Ercolana o pompeiana: tipici sono i decori che ricordano le ville romane;
  8. Rossini: è la stanza più grande, infatti riproduce la stessa planimetria della sala Rossa del piano terra. In questa stanza, dedicata a Rossini e Napoleone, possiamo osservare degli stucchi a tema musicale che ne rappresentano simbolicamente la destinazione d’uso.
  9. Moresca: molto piccola;
  10. Egizia: ai quattro angoli della stanza troviamo dei piedistalli che sorreggono una finta trabeazione, e diversi attributi che ci rimandano alla cultura egiziana.

La chiave di lettura di questo apparato decorativo può essere quella romantica di rivisitazione nostalgica degli stili del passato. Non è esclusa però una chiave esoterica o massonica (Jappelli era un affiliato all’associazione). I simboli egizi precedono la decifrazione della scrittura geroglifica da parte di Champollion e sono piuttosto un omaggio al grande esploratore padovano Giovanni Battista Belzoni, che aveva scoperto numerosi monumenti egizi e di cui Jappelli aveva conoscenza diretta.

P.s.Tra gli studenti padovani esiste una superstizione, dovuta probabilmente agli avvenimenti del 1848, secondo la quale non si deve entrare al Caffè Pedrocchi prima di essersi laureati, pena l’impossibilità di conseguire la laurea stessa.

Il Christo sul lago d’Iseo

Christo camminerà di nuovo sulle acque tra il 18 giugno e il 3 luglio. Non sul lago di Tiberiade ma su quello d’Iseo, e ci porterà con sé su una passerella color giallo dalia lunga tre chilometri e mezzo.Ovvio che stiamo parlando del Christo con la acca e cioè dell’imperatore delle installazioni effimere Vladimirov Yavachev, noto per aver impacchettato con la moglie Jeanne-Claude svariati monumenti tra cui il Pont-Neuf a Parigi e il Reichstag a Berlino.

 

La sua più recente invenzione, la prima senza l’apporto di Jeanne-Claude morta nel 2009, è un circuito coperto da 90 mila metri quadrati di tela poliammidica, posati su un complesso sistema di parallelepipedi in polipropilene ancorati al fondo del lago. Insomma una passeggiata elastica e suggestiva, «come su un letto ad acqua», da assaporare attimo per attimo proprio perché si è consapevoli che durerà poco.

 

Il costo, di 10 milioni di euro, è completamente finanziato da Christo attraverso la vendita dei progetti e dei bozzetti. È così che lavora, e non vuol sentir parlare di volontariato: è infatti partito un bando per reclutare 500 addetti salariati, in maggioranza gli steward che guideranno i visitatori nel percorso (1500 le domande arrivate, si sta procedendo alla scrematura).

 

IL PROGETTO FLOATING PIERS

Dal Central Park dei Gates (opera del 2005) allo specchietto lacustre di quest’angolo di Lombardia corre una bella differenza: soprattutto se si pensa che il progetto Floating Piers, e cioè pontili galleggianti, era nato molti anni fa per Tokyo e prima ancora per l’estuario del Rio de la Plata. Ma Christo va dove lo lasciano andare, e cioè dove riesce a vincere più facilmente la propria eterna battaglia per i permessi. Dicono che, in perlustrazione per i laghi lombardi, preceduto dalla caratteristica scia di aglio che lo contraddistingue visto che ne mangia spicchi interi a ripetizione, si sia subito innamorato del Sebino, e soprattutto del Monte Isola piazzato lì in mezzo, l’isola lacustre più grande d’Europa, 1800 abitanti, assoluto divieto alle auto, che gli è parso suggestivo collegare sia pure per poche settimane alla terraferma.

 

Dicono che molto abbia contato l’amicizia con i Gussalli Beretta, quelli delle armi, e che infatti non a caso la passerella miracolosa circonderà l’isoletta privata di San Paolo dove vive la famiglia. Dicono soprattutto che quella è «una manna dal cielo»: il primo da cui lo sentiamo è il sindaco di Iseo Riccardo Venchiarutti, che si compiace dei primi riscontri internazionali: «Paginate del New York Times, citazioni della Lonely Planet, Iseo inserito tra le mete da non perdere nel 2016». Ma è «una manna» anche per Marcella, abitazione d’epoca a pochi metri dalla chiesa della Madonna della Neve, che sta attrezzando posti letto per gli appassionati di land art; e per Fabio Volpi della società Sassabanek, gestore del più grande campeggio della zona oltre che dell’Iseo Lago Hotel, che sta preparando «pacchetti turistici, per attaccare alla passeggiata lacustre magari una visita alle cantine in Franciacorta o ai monumenti di Brescia».

 

L’occasione va sfruttata, anche per colmare il deficit di attenzione che penalizza il Sebino, obiettivamente paradisiaco, rispetto a un vicino ingombrante come il lago di Garda: «Abbiamo sempre avuto i nostri appassionati, soprattutto olandesi, belgi, scandinavi», elenca Alessandro Ropelato, manager dell’Araba Fenice, il fascinoso albergo primo Ottocento che di tutta l’operazione è diventato il campo base. «Ma ancora molto si può fare: lanciamo il sasso nel lago e aspettiamo che rispondano in molti. E intanto il nostro hotel prenotazioni per il periodo non ne accetta più. Siamo occupati dallo staff di Christo. Li vede, quelli lì che lavorano? Sono i sommozzatori bulgari, li ospitiamo da un pezzo».

 

ALBERGHI ESAURITI

In quelle che saranno le giornate più lunghe dell’anno (ma la passerella sarà aperta 24 ore su 24, con prevedibili suggestioni al chiaro di luna) si ipotizza un afflusso di 500 mila persone, tra italiani escursionisti per un giorno e raffinati esteti internazionali. Si favoleggia già di ville affittate da importanti galleristi newyorkesi a 25 mila euro per un paio di settimane, e di parate tra Iseo, Sulzano e Lovere su motoscafi Riva (nati proprio da queste parti, a Sarnico, e poi venduti ai cinesi) noleggiati a carissimo prezzo. E mentre gli albergatori cantano vittoria (tutto pieno, con un incremento delle tariffe dichiarato sul 15-20%) e i ristoratori preparano gli attovagliamenti, tavoli di altra natura vengono organizzati con una certa quieta apprensione (l’ultimo giorni fa in prefettura) per programmare le misure di sicurezza e approntare parcheggi (12 mila) e bagni chimici (200).

 

Fiorello Turla, sindaco di Monte Isola e imprenditore in proprio nel ramo reti, aspetta serafico l’onda d’urto: «Certo qualche giorno in più non avrebbe guastato, ma una passerella permanente non avrebbe senso: teniamo al nostro splendido isolamento. Resta la gioia di aver conosciuto un uomo così, ottant’anni e l’energia di un ventenne. Il compleanno tondo, in estate, l’abbiamo festeggiato insieme: bruschetta con l’olio di Monte Isola e sardine del lago». L’aglio, se l’era portato Christo da casa.

Fonte : LaStampa

Qualcosa di più su Christo

Christo e Jeanne-Claude, o più spesso semplicemente Christo, è il progetto artistico comune dei coniugi statunitensi Christo Vladimirov Yavachev (Христо Явашев, Gabrovo, 13 giugno 1935) e Jeanne-Claude Denat de Guillebon (Casablanca 13 giugno 1935New York, 18 novembre 2009), fra i maggiori rappresentanti della land art e realizzatori di opere su grande scala.

I due artisti sono artefici della Land Art: intervengono sul paesaggio e lo modificano, nel loro caso in maniera provvisoria. Sono noti soprattutto per le opere realizzate con il tessuto, “imballando” monumenti o stendendo lunghi teli in luoghi naturali.

Porta Pinciana a Roma imballata da Christo nel1974

Un esempio di questo si ritrova nella loro celebre opera realizzata tra il 1972 e il 1976 denominata Running Fence. Essa consiste in una recinzione continua, tesa da Est a Ovest per quasi quaranta chilometri tra alcuni declivi della campagna californiana, a nord di San Francisco. Si tratta di una serie di ampi teloni di nylon bianco appesi a un cavo d’acciaio sorretto da oltre duemila montanti metallici che, visti dall’alto, si snodano come un serpente e attraversano valli e colline fino a perdersi all’orizzonte. Quest’opera territoriale è volutamente giocata per contrapposizioni poiché la verticalità della recinzione si oppone nettamente all’orizzontalità del paesaggio e l’artificialità del nylon contrasta con la naturalità dell’erba. Infine anche il biancore dei teli si contrappone ai sobri colori del terreno. Questa incredibile muraglia bianca assume un grandissimo valore simbolico. Quando i teli sono gonfiati dal vento, infatti, l’enorme serpente sembra quasi animarsi e per tutta la sua lunghezza risuona di un crepitare secco e sonoro. Per la realizzazione dell’intero impianto furono necessari quattro anni, ma l’opera ebbe una vita estremamente breve essendo durata solamente quattordici giorni.

Sulla produzione artistica della coppia hanno anche influito il pensiero e l’arte di Man Ray e Joseph Beuys, con particolare riferimento alle opere l’Enigma di Isidore Ducassedel primo e al Pianoforte con Feltro del secondo.[7]

Christo è principalmente l’artista delle opere, mentre Jeanne-Claude è l’organizzatrice («Le opere destinate al pubblico sono firmate da Christo e Jeanne-Claude, i disegni da Christo»).

In genere le opere sono interamente finanziate dalla vendita dei disegni preparatori, collage o modellini.
Dal 1972 tutti i loro lavori sono fotografati esclusivamente da Wolfgang Volz; mentre per almeno cinque dei loro maggiori lavori è stato prodotto anche un documentario da parte di Albert e David Maysles.

Realizzazioni principali[modifica | modifica wikitesto]

  • Documenta 4 di Kassel (agosto 1968) – un imballaggio d’aria di 5.600 m³ sollevati da gru e visibili da 25 km di distanza.
  • Valley Curtain (19701972) – un telo lungo 400 metri steso lungo una valle delle Montagne Rocciose in Colorado.
  • Porta Pinciana a Roma 1974.
  • Surrounded Islands (19801983) – le isole della baia di Biscayne a Miami sono circondate da una cintura di polipropilene fucsia.
  • imballaggio del Pont Neuf (settembre 1985) – il Pont Neuf di Parigi, il più vecchio dei ponti della capitale francese, è impacchettato da un telo di poliestere giallo ocra.
  • imballaggio del Reichstag (giugno 1995) – il Reichstag di Berlino è impacchettato con un tessuto argentato. Milioni di persone sono andate a vedere l’opera.
  • The Gates (20042005) è stato aperto al pubblico dal 12 al 27 febbraio 2005. Era un percorso di 37 chilometri attraverso il Central Park di New York, costituito da materiale arancione intervallato da 7.503 portici, alti circa cinque metri e disposti a quattro metri di distanza fra loro.
  • The Floating Piers (2016) una passerella di 3,5 km sul lago di Iseo che verrà realizzata nel giugno 2016.
  • Over The River – (da realizzare) copertura di un torrente, l’Arkansas River, in Colorado.
  • Mastaba – (da realizzare) parallelepipedo composto da oltre 450.000 barili di petrolio vuoti nel deserto degli Emirati Arabi Uniti.

Expo 2015 – La mia Guida

Circa un mese fa sono stata all’Expo 2015 che si trova a Milano.

Sono riuscita a vederlo più o meno tutto (ma solo grazie al fatto che ho un invalidità ed ho la possibilità di saltare la fila, cosa che possono fare anche le donne incinte o le famiglie con bambini) ma è stato davvero faticoso…Intanto però ho preso appunti e scattato tante foto per poter fare una guida per i miei amici che me l’hanno chiesto (e per me che tornerò il 7 Settembre con i miei genitori!),ecco qua :

Guida Expo 2015

(Non so perchè ma non compaiono le foto qui…se volete la guida con foto in pdf scrivetemi pure a ssdery@gmail.com!)

Raccomandazioni :

  • Arrivare prima dell’apertura delle ore 10 o 30 minuti dopo l’apertura.Alle 10 troverete già una fila non indifferente ai controlli (aereoporto style).
  • Inutile dire che il vostro abbigliamento dovrà essere più che comodo (tanta strada da fare e file sotto al sole).Evitate se potete di andare nel week end.Io l’ho fatto e lo shock è stato tanto.
  • Se vi trovate per alcuni giorni a Milano e non siete riusciti a vedere tutto quello che avreste voluto con il biglietto daily,vi consiglio il biglietto serale (per il giorno dopo) per non perdervi alcuni Padiglioni che rimangono aperti fino a tardi (ognuno ha un orario a se)e lo spettacolo serale dell’albero della Vita.
  • Iniziare i 53 padiglioni al contrario,ovvero percorrere tutto il decumano centrale(la via principale di Expo che si estende in lunghezza per un chilometro e mezzo) e cominciare dall’ultimo così da trovare meno fila nei padiglioni più affollati (Giappone,Thailandia,Italia ed Emirati Arabi in primis).
  • Portarsi dietro una borraccia o una bottiglietta d’acqua vuota.L’expò è pieno di stazioni con acqua liscia e gassata GRATIS.Non fatevi trovare impreparati 😉
  • in tutti padiglioni, con formule diverse (stellate, simil snob o take away) si può mangiare. L’opportunità è unica, quando vi ricapiterà di trovare cibo dell’Angola, del Canada e degli Emirati? (se ve lo state domandando, la risposta è palma da dattero).
  • Tra i partecipanti ci sono diversi Paesi in guerra, che vivranno 6 mesi di convivenza forzata col nemico. Ci saranno le due Coree, posizionate agli antipodi: Pyongyang ha allestito uno spazio per raccontare la storia del ginseng. Ma ci saranno anche Iran e Stati Uniti posizionati uno di fronte all’altro (terapia d’urto?).
  • Lo spazio dedicato alla Birra Moretti starà nel bel mezzo di aeree islamiche (quindi no-alcol) come il Marocco e il Quatar. Invece non ci saranno né l’Ucraina né la Nigeria.
  • – date una ripassata alla cartina del mondo: tra i partecipanti ci sono quei nomi esotici che non si sanno ben posizionare sul mappamondo, tipo Sao Tomè e Principe (isola al largo della costa occidentale dell’Africa), Guinea Bissau (Africa occidentale, con una miriade di piccole isole: non a caso qui si parla di frutti di mare, ma anche di agricoltura della savana).

Ora stilerò un elenco di TUTTI I 53 PADIGLIONI con relativi commenti e consigli.

ATTENZIONE : L’ordine dei padiglioni sarà quello classico che troverete sulla mappa (le mappe vengono distribuite da volontari all’entrata ed in giro per il decumano,ne troverete a bizzeffe).

Inserirò la dicitura DX vicino al nome del Padiglione quando si tratterà di un Padiglione che si trova sul lato Destro.Di conseguenza quelli senza dicitura si troveranno a Sinistra.

Nella mia lista non verranno menzionati ne i padiglioni pubblicitari tipo Algida,Eataly ecc ecc (che troverete comunque nella vostra mappa),ne tantomento i Cluster (I Paesi che per motivi di disponibilità economica non possono o non vogliono costruirsi un proprio padiglione, hanno avuto accesso all’interno dei nove Cluster, una novità di Expo 2015: sono spazi all’interno dei quali più Paesi vengono raggruppati attorno a temi alimentari come Caffè, Cacao e Cioccolato, Cucina Mediterranea e Riso).

Elenco Cluster : i cluster sono: riso, cacao e cioccolato, caffè, frutta e legumi, spezie, cereali e tuberi, bio-Mediterraneo (Albania, Algeria, Egitto, Grecia, Libano, Malta, Montenegro, San Marino, Serbia, Tunisia), isole mare e cibo (Capo Verde, Comore, Comunità caraibica, Guinea Bissau, Madagascar, Maldive), zone aride (Eritrea, Gibuti, Mauritania, Mali, Palestina, Senegal, Somalia, Giordania).

In corsivo troverete i miei commenti (poco) appropriati 

Let’s start!

Padiglione Zero – Onu  CONSIGLIATO

Qui ha inizio la visita dell’Expo 2015.Il padiglione apre intorno alle 10.30.Non mi ha entusiasmato particolarmente ma i “i simil trulli” che troverete all’uscita valgono la pena per l’intera visita.E’ comunque il Padiglione Zero quindi un punto di partenza improrogabile.

il Padiglione Zero introduce la visita del Sito Espositivo di Expo Milano 2015. Quanto l’uomo ha prodotto dalla sua comparsa sulla Terra fino a oggi, le trasformazioni del paesaggio naturale, la cultura e i rituali del consumo, sono il punto di partenza per qualsiasi progetto futuro. Il Padiglione Zero è il luogo in cui raccontare questo straordinario percorso con un linguaggio emotivo e immediato.

Irlanda  DX  NON CONSIGLIATO

Il Padiglione Irlanda è un insulto all’Expo.E’ stato probabilmente messo all’inizio per “obbligarti moralmente a visitarlo” ma suscita subito una nota negativa nella visita dell’intero complesso.Minuscolo.Inutile.Saltatelo pure,la foto del padiglione esterno vale molto più del suo interno.

La Ireland Plaza sul retro, che promette concerti e spettacoli, è ancora vuota.

Ricco di risorse naturali e verdi pascoli che sono puri, fertili e produttivi, lo spirito dell’Irlanda è portato alla vita attraverso il suo Padiglione, che offre ai visitatori un primo piano dei suoi magnifici paesaggi, del patrimonio storico, della cultura contemporanea e della sua cucina e ospitalità. Entrando nel Padiglione Irlanda, i visitatori intraprendono un viaggio indimenticabile attraverso la campagna irlandese e lungo la selvaggia la costa Atlantica. Imparano come il mite clima irlandese, il suo vento e la luce che cambia continuamente, il lussureggiante paesaggio verde e la selvaggia costa atlantica abbiano contribuito a rendere possibile un’agricoltura e una pesca di rilevanza mondiale, come illustrato dalla mostra “Wild Atlantic Way.”

Repubblica Ceca  NON CONSIGLIATO

Il padiglione della R.Ceca è in verticale e diviso in piani.Da qui si inizia a capire l’andazzo dell’intero Expò : PIANTE,PIANTE,PIANTE.Al piano superiore c’è una parte dedicata alla chimica (sempre riguardante la natura ovviamente)tanto cara alla Rep.ceca.Io direi di evitarlo e di evitare lo scambio di sguardi con l’uccellino malefico all’esterno (Fossi Twitter li denuncerei).

Non è solo uno spazio espositivo ma anche un’esperienza che non finirà con Expo Milano 2015. La proposta vincente del giovane duo di architetti Chybík + Kristof, per realizzare il Padiglione nel lotto di 1.362 metri quadri, usa moduli Koma che prevedono un sistema di costruzione progressivo. La sfida della riciclabilità dei materiali e dell’incorporazione della superficie d’acqua nella struttura è sfociata in un padiglione accattivante. Al piano terra vi sono le aree shop e ristorante, al primo e secondo le esposizioni, sul tetto il giardino: oltre 350 metri quadri di “laboratorio di vita”.

Padiglione Nepal  DX  CONSIGLIATO

Il padiglione del Nepal è stato uno dei miei preferiti.Il personale parlato molto poco italiano e zero inglese ma è di una cordialità e gentilezza che vi spiazzerà (talmente tanto che sono caduta dalle scale come una polla),accogliendovi con un Namaste ed un invito a togliervi il copricapo qualora lo indossaste.Il materiale con il quale è stato costruito il padiglione è visibilmente pregiato e ricercato.Un bagno mistico nella cultura Buddista.

Padiglione Bahrain  NON CONSIGLIATO

Un percorso circondato da piante.Niente più.Evitabile.

Sudan  DX  NON CONSIGLIATO

Piccolo e spoglio.Consiglio vivamente di visitare quello dell’Angola di cui questo è una scialba imitazione.

ll Padiglione del Sudan si ispira alla casa “nubiana”, il nucleo abitativo caratteristico del Sudan.
Si sviluppa su un solo livello con un cortile centrale – fulcro della vita casalinga sudanese e luogo adibito al consumo dei pasti – sul quale si affacciano diverse stanze tematiche. In questo centro, vengono serviti piatti tipici, bevande naturali ed è presente un’esposizione di prodotti in pelle e altri oggetti del folklore sudanese

Angola  CONSIGLIATO

Probabilmente il PIL dell’Angola è stato totalmente utilizzato per la costruzione del suo padiglione.Non ci si aspettava tanto da uno stato comunque “economicamente modesto”.Anche qui si sale su più piani fino ad arrivare ad una serra sul top dell’edificio.Il Padiglione è molto interattivo e coinvolgente nella descrizione delle sue materie prima ed usanze.

Il Padiglione dell’Angola si caratterizza per la forma stilizzata di un baobab africano posta al centro della struttura. L’altro aspetto caratteristico che merita la visita sono gli spazi verdi coltivati  con piante, ortaggi e frutta tipiche del Paese.

Belgio  DX  CONSIGLIATO

Abbiamo amato il Belgio.Sono sincera : è stato assolutamente per una questione superficiale : il cibo e la birra.All’entrata del padiglione vi verranno offerti dei fantastici biscottini tipici (Buonissimi!!!),per poi passare davanti a pluristellati chef che vi mostreranno la produzione di vari cioccolatini/biscottini.La fine del percorso vi porterà nell’angolo Birra dove si possono gustare decine e decine di birre differenti.

Nel piano inferiore il solito tripudio di piante,mentre all’esterno si continua con i trucks che vendono deliziose patatine.

La visita inizia da una pergola semicoperta, dalla quale si accede alla fattoria. Lungo una facciata di vetro, si trovano una serie di bicchieri di birra giganti che lasciano filtrare la luce. A destra, su un muro di cioccolato, alcuni schermi mostrano il know how dell’industria cioccolatiera belga. Dalla rampa del futuro, con animazioni luminose che invitano a viaggiare nel tempo, si passa nella cantina. Qui si mettono in pratica le tecniche di produzione alternativa. E i prodotti ottenuti con questi sistemi sono usati nella cucina del Padiglione. La scala di vetro, un pozzo di luce naturale a spirale, riporta in superficie. La struttura che sovrasta la scala rappresenta un filamento di DNA, che celebra la vita.

Brasile  CONSIGLIATO

Il padiglione del Brasile è diviso in due parti : nella parte inferiore c’è una riproduzione parziale della foresta Amazzonica mentre in quella superiore vi è una rete elastica che sancisce un percorso che divertirà sia grandi che piccini.Provare per credere!

Il cuore pulsante del Padiglione del Brasile è una rete interattiva che collega i tre piani. Camminando sulla rete sospesa, i visitatori interagiscono con l’ambiente circostante: dei sensori, infatti, rilevano i movimenti trasferendo impulsi che modificano il suono e la luce circostante. La visita inizia da un’area aperta (Green Gallery), con ortaggi, piante, fiori e frutti accompagnati da tavoli interattivi, che offrono giochi e informazioni sulle etnie del Brasile. Una rampa porta al primo piano, dove una proiezione guida i visitatori. Al secondo piano, un’altra proiezione su uno schermo trasparente mostra un video che si attiva grazie ai sensori di prossimità.

Vietnam  DX  NON CONSIGLIATO

Il padiglione del Vietnam è molto piccolo e spoglio.Molto belli i fiori di loto lignei al suo esterno.Dentro il nulla più assoluto.Come tanti altri padiglioni si punta tutto sullo spazio commerciale et alimentare.

Il loto è un fiore molto diffuso in Vietnam, ed è scelto come simbolo del paese. Nello spazio commerciale si trovano, oltre a pezzi di artigianato in bambù, legno, porcellana, ceramica e tessuto, anche assaggi di famosi piatti e bevande, alcuni dei quali usano come ingrediente principale proprio il fiore di loto. Il Padiglione del Vietnam è a forma di fiore di loto e questo simbolo del Paese si potrà anche degustare in diverse preparazioni del ristorante.

Repubblica di Corea  CONSIGLIATO

Questo padiglione è un tripudio di tecnologia.Schermi digitali,spettacoli visivi e sensoriali.Un viaggio futuristico in una Corea deliberatamente unita.

La struttura di rifà al “moon jar”, il tipico vaso in ceramica dove avviene il processo di fermentazione di alcuni piatti tradizionali, di cui verrà mostrata la preparazione e che si potranno degustare al primo piano.

Moldova   NON CONSIGLIATO

Proiezioni di video con fini turistici.Stop.

Nel Padiglione della Moldova, che ricorda una mela tagliata, sarà proiettato il film “Joc. Pure energy of life”, realizzato per Expo Milano 2015, che racconta la storia di un gruppo di danza popolare moldavo.

Lituania   CONSIGLIATO

Padiglione abbastanza interattivo : come far conoscere la storia del proprio paese senza pesantezza.Interessante.

Il Padiglione della Lituania è composto da due grandi cubi bianchi collegati da una passerella, che ricordano una bilancia. Nello spazio a forma di chicco di grano del primo cubo, personaggi a cartoni animati ripercorrono la storia del Paese. Nel secondo cubo, schermi interattivi propongono invece innovazioni.

Bielorussia  NON CONSIGLIATO

Padiglione all’esterno spettacolare,all’interno il solito percorso tra piante,foto di cibi tipici e video della terra in questione.

Il simbolo del Padiglione è la ruota della vita, una sorta di mulino ad acqua, sotto il quale uno spazio espositivo con monitor interattivi racconta il progresso agricolo e tecnologico del Paese. Con frequenza, sono ospitate performance artistiche ed esibizioni di gruppi musicali folk.

Malesia  NON CONSIGLIATO

Idem come gli altri.Schermi,piante e foto.La formula non cambia.

Il padiglione, che si sviluppa su 2.047 metri quadrati, ha la forma di quattro semi. Le curve del design e gli intrecci sulla struttura riflettono la versatilità e la dinamicità della nazione. Il progetto architettonico prevede caratteristiche green e sostenibili in linea con il tema della sostenibilità di Expo Milano 2015. La struttura esterna dei semi è costruita con il “Glulam” o legno lamellare, un innovativo legno strutturale ricavato da materiale locale sostenibile. La scelta del Glulam, in combinazione con la forma strutturalmente complessa del Padiglione della Malaysia a Expo Milano 2015, nasce dalla volontà di mostrare le capacità della Malaysia sia per quanto riguarda il design che per l’utilizzo di materiali innovativi.

Thailandia  NON CONSIGLIATO

Il padiglione più deludente.Questo padiglione (come tutti i padiglioni orientali)”offre” dei percorsi obbligatori (per questo poi vi troverete in file interminabili) accessibili a 50 persone per volta.Verrette portati in tre stanze dove vedrete 3 video diversi.Il primo è un invito a visitare la Thailandia.Il secondo vi mostrerà i loro prodotti alimentari.Il terzo è una vera e propria propaganda  della loro Monarchia,con un estrema esaltazione della figura del Re.Che dire?Non ho mai prediletto le cose che mi venivano imposte.

Il Padiglione, che si estende su uno spazio complessivo di 2.947 metri quadri, ha una forma che riprende al centro quella del cappello tradizionale dei coltivatori di riso thailandesi, il “ngob”. Nel disegno della pianta, a questo nucleo si affianca un’altra forma, quella del “naga”, che riprende le linee sinuose degli esseri considerati spiriti della natura, protettori di fonti, pozzi e fiumi e portatori di pioggia e fertilità, presenti anche sullo stemma del ministero dell’Agricoltura e delle Cooperative.

Uruguay   CONSIGLIATO

Simpatico.Unione tra tecnologia e storia.Da provare.

Il percorso inizia nel giardino del Padiglione, dove il pubblico riceve le prime informazioni sull’Uruguay. Le persone accedono a una rampa sonora, dove potranno vivere un’esperienza sensoriale attraversando distinti paesaggi sonori dell’Uruguay: dalle voci del campo fino al rumore dell’oceano, dal crepitare del fuoco per fare una carne arrostita all’allegria del carnevale. I visitatori entrano poi in una sala dove si immergono in un cortometraggio proiettato su schermi tenuti da braccia robotiche che circondano il pubblico. Si tratta di una produzione originale, il cui schema narrativo riflette, a partire da un dialogo tra generazioni, la tradizione dell’Uruguay e gli avanzamenti del Paese e pennellate di paesaggi.

Cina  CONSIGLIATO

Fuori troverete ad aspettarvi un eccezionale distesa di fiori gialli.Dentro una distesa di canne di bambù.Chiaro esempio di quanto i padiglioni orientali siano molto più belli visti da fuori.

Il tema scelto dalla Cina incarna l’atteggiamento di gratitudine, di rispetto e di cooperazione del popolo: la terra nutre l’uomo dalle origini, la speranza è la prospettiva di un futuro in cui il cibo consenta la vita di tutti. Agricoltura, alimentazione, ambiente, sviluppo sostenibile sono i punti focali della partecipazione della Cina a Expo Milano 2015. Lo scopo è ricordare la convinzione della filosofia cinese che “l’uomo è parte integrante della natura”, illustrare le tradizioni culturali e i progressi nei campi dell’agricoltura, presentare i grandi passi compiuti nell’uso razionale delle risorse per assicurare cibo a sufficienza, buono e salutare. Il filo conduttore è la ricerca di equilibrio tra gli esseri umani e l’ambiente, tra l’umanità e la natura.

Colombia  CONSIGLIATO

Il Padiglione Colombiano viene presentato inizialmente con un video di introduzione per spiegare la conformazione climatica di questa splendida terra.All’interno il padiglione era suddiviso in stanze dove ogni stanza rappresentava uno dei 5 aspetti climatici presenti nel paese.Anche qui il percorso era obbligatorio ma con ritmi meno rigidi.

La visita al Padiglione della Colombia si snoda attraverso cinque piani termici, corrispondenti ai diversi climi che il Paese riunisce in un solo territorio, a diverse altitudini.

Argentina  NON CONSIGLIATO

Il padiglione Argentino si concentra sui sistemi di lavoro delle terre agricole.Non entusiasmante.Sono corsa al ristorante 😀

Il Padiglione dell’Argentina, che è formato da silos allineati, propone contenuti audio-video, simulatori, sistemi interattivi, spazi multisensoriali.

Azerbaijan  DX   CONSIGLIATO

Bello dentro e fuori.Perfetto per gli amanti dell’architettura.

Un percorso espositivo che si snoda attraverso tre sfere di vetro su più livelli che rappresentano tre diverse biosfere. Il progetto di Simmetrico Network presenta forme architettoniche moderne e semplici, realizzate attingendo ai materiali tradizionali quali il legno e la pietra lavorati in modo innovativo e abbinati a vetro e metallo. Una pelle di flessuose lamelle lignee avvolge i lati del Padiglione, che si sviluppa su un’area di 887 metri quadri, lasciando il fronte nord più libero per favorire un controllo passivo del microclima.

Emirati Arabi Uniti  DX   CONSIGLIATO

Questo è stato il padiglione più coinvolgente.Giochi e video musicali hanno aperto le danze per poi veder terminare la visita in una sala cinema dove viene proiettato un video sull’importanza dell’acqua.Una parte del sito espositivo presentava l’Expò del 2020 che si terrà proprio nella loro Nazione.

Il Padiglione, che si estende su uno spazio complessivo di 4.386 metri quadri, progettato da Foster+Partners ha muri di sabbia increspata dal vento alti dodici metri e un ingresso delineato da uno schermo video lungo settantacinque metri, un vero e proprio falaj digitale, eco di antichi canali idrici. L’esibizione principale è divisa in due parti. La prima è contenuta dentro un cilindro, che consente all’auditorium di ruotare giocando con l’orientamento del pubblico. I visitatori transitano nella seconda parte dell’esposizione principale (Future Talk) prima di uscire tramite una rampa in discesa. Ovunque si colgono i colori della sabbia, onnipresente nel paesaggio arabo. Il futuristico Padiglione è provvisto di sistemi di recupero dell’acqua piovana e celle fotovoltaiche, ed è stato progettato tenendo in considerazione due climi: quello naturalmente fresco di Milano e quello assolato degli Emirati Arabi Uniti, destinazione del Padiglione alla conclusione di Expo Milano 2015.

Kazakistan  CONSIGLIATO

Coinvolgente e divertente.Entrare assolutamente.

Il Padiglione del Kazakistan avvolge il visitatore in un turbine di informazioni, immagini ed emozioni. Nella prima sala un’artista racconta la storia del Paese creando immagini con sabbia colorata. Poi si passa a una sala suddivisa in sei tappe: la scienza agronomica kazaka, le risorse naturali, l’uso dell’acqua, le nuove tecniche agricole sostenibili e l’acquacultura. Il Padiglione Kazako ospita un acquario con storioni del Caspio, da cui si ottiene il famoso caviale. E poi assaggi di latte di giumenta fermentato, droni volanti, un racconto della storia delle mele.Conclude l’esposizione una sala 3D, con poltroncine dinamiche.

Regno Unito  DX  CONSIGLIATO

Il padiglione del Regno Unito ricrea un alveare (all’entrata troviamo delle Arnie con fotogrammi di Api all’interno).E’ possibile salire in cima per entrarvi dentro e bere qualcosa nel Bar che si trova vicino le scale (per gli amanti del Pimms sopratutto).

Il design è ispirato al ruolo unico che gli alveari hanno nel nostro ecosistema e rappresenta lo spirito della partecipazione del Regno Unito a Expo Milano 2015. L’abilità artistica inglese ispira da sempre tutto il mondo e Wolfgang Buttress, il vincitore della competizione lanciata per scegliere l’architettura del padiglione, ha tradotto in termini progettuali la forza del design britannico.Il padiglione britannico, esteso su un lotto complessivo di 1910 metri quadri, vuole lasciare un segno nell’esperienza di tutti i visitatori di Expo Milano 2015, in cui natura, creatività, scienza e tecnologia si combinano per affrontare la sfida sottesa al TemaNutrire il Pianeta, Energia per la Vita.

Polonia  CONSIGLIATO

Questo padiglione è veramente ben fatto.A partire dalla struttura esterna fatta con cassette della frutta fino ad arrivare alla terrazza giardino.Alla fine del percorso ci sono alcune donne che invitano il visitatore a partecipare alla creazione di alcuni gioielli.Molto Piacevole.

Un corridoio conduce al primo piano del Padiglione. Qui i visitatori arrivano a un giardino magico. Dal suo centro si sviluppa uno stretto e tortuoso sentiero intervallato da alberi di mele. Il riflesso degli alberi negli specchi crea l’illusione di uno spazio vasto e infinito e allo stesso tempo enfatizza l’atmosfera magica del luogo. Dal giardino, i visitatori passano facilmente al successivo spazio espositivo, dove si trova l’installazione di una mela gigante. Partendo dall’interno della “mela”, i visitatori sono guidati fino al piano terra del Padiglione, dove continua la storia dell’economia polacca con grafiche animate e proiezioni. Il percorso conduce il visitatore al cinema, dove sono proiettati una serie di video.

Ungheria  DX  NON CONSIGLIATO

L’idea, almeno nella struttura, c’è ed è ben realizzata: l’ispirazione è l’Arca di Noè, simbolo di salvezza degli esseri viventi. Il problema è che, una volta entrati nel padiglione Ungheria, delle specie (animali o vegetali) non vi è l’ombra. Un peccato.
Sul tetto una splendida terrazza con un ristorante che serve i piatti tradizionali (i celebri insaccati, i formaggi o il goulash).

Ideato dai progettisti Attila Ertsey, Ágnes Herczeg e Sándor Sárkány, il Padiglione è di tre piani e si estende su un lotto di 1.910 metri quadri. Le forme e i materiali rappresentano le linee principali dell’architettura ungherese (granaio, silos rurali, stalle) secondo i principi dell’architettura organica, sviluppatasi a metà del Novecento e basata sulle tradizioni locali, sulla comprensione delle leggi della natura, sull’esaltazione del rapporto tra l’uomo e l’universo. La zona centrale del Padiglione è ispirata all’Arca di Noè, simbolo di salvezza degli esseri viventi, mentre le due estremità laterali richiamano i tamburi sciamanici, che riportano a radici antiche evidenziando il rapporto mistico con la natura e che sono solcati dall’antico simbolo dell’albero della vita nel quel scorre l’acqua dolce naturale ungherese dalle celebri proprietà termali.

Paesi Bassi  NON ESISTE

Il padiglione dei paesi bassi ricrea un luna park ed è composto da food trucks (ottimi,vedi sezione cibo)

Il concept: Condividere, crescere, vivereÈ il tema lanciato dai Paesi Bassi per riflettere sulla produzione, la distribuzione e il consumo di cibo su scala mondiale, immaginando il padiglione come un luogo di esperienze inaspettate e capaci di incuriosire divertendo. Perché, non dimentichiamolo, uno dei principali obiettivi del genere umano è quello di migliorare la propria qualità di vita. Che si tratti di ambito finanziario o socioculturale. Ovviamente, per far sì che ciò avvenga, è necessario trovare soluzioni per preservare la vita nel futuro. E queste soluzioni bisogna trovarle assieme, condividendo i problemi: la ricerca di soluzioni alle sfide globali richiede collaborazione internazionale e condivisione delle conoscenze e delle risorse naturali. Lo si deve fare assieme. È questa la dichiarazione d’intenti degli olandesi. E il Paese porta come esempio il Piano Delta, un progetto ideato e avviato in seguito all’inondazione causata dal Mare del Nord nel 1953 nei Paesi Bassi, attraverso il quale hanno dimostrato un approccio costruttivo anche di fronte a una catastrofe naturale. Non solo, il popolo olandese, attraverso la sua partecipazione a Expo, vuole sottolineare il fatto che sono il secondo esportatore mondiale di cibo, avendo tra l’altro un ruolo importante nella ricerca di soluzioni per le sfide legate alla sicurezza alimentare e all’uso sostenibile di acqua, energia e altre risorse.

Spagna  DX  CONSIGLIATO

Tradizione e innovazione si fondono, almeno in teoria. Avvicinandovi al padiglione Spagna vedete una struttura che ricorda una serra, metà in legno metà in acciaio, simbolo dell’incontro tra vecchio e nuovo. Anche all’interno si cerca di mantenere il binomio, con alterni risultati.
Davanti all’ingresso, una valigia di 5×4 metri, punto di partenza di un’installazione audiovisiva dell’artista catalano Antoni Miralda. Un mix di musica e immagini racconta ricette tradizionali e avanguardia. L’effetto complessivo, alla fine, è un po’ quello da ufficio del turismo spagnolo. Ma è di sera che vale la pena fare un salto qua, grazie ai dj set che trasformano il patio in un locale vacanziero in stile Ibiza.

Il Padiglione della Spagna propone un Viaggio del sapore che inizia con una valigia di 5×4 metri, punto di partenza di un’installazione audiovisiva dell’artista catalano Antoni Miralda. Una volta oltrepassato il portico, 20 valigie proiettano altrettante proposte visive (ognuna dedicata a un alimento). Miralda ha previsto che il viaggiatore/visitatore possa rispondere – in modo interattivo – a domande sull’alimentazione. La mostra Il linguaggio del sapore guida invece i visitatori nell’immaginazione culinaria di un cuoco attraverso i paesaggi e gli aspetti più rappresentativi della produzione agroalimentare.

Santa Sede  CONSIGLIATO

Dentro l’”Ultima Cena”, magnifico quadro del Tintoretto (in agosto verrà sostituito da un arazzo di Pieter Paul Rubens raffigurante l’istituzione dell’Eucarestia). Da un lato fotografie su conflitti, errori, disequilibri, la “de-creazione”, dall’altro tre video che mostrano altrettanti progetti della Chiesa per cercare di risolvere questi problemi. Il quadro del Tintoretto offre la chiave interpretativa dello spazio: l’uomo è al centro, la sua azione si ripercuote sulle vite degli altri e sul mondo che ci circonda.Minimalista ma pregno di significato (ed all’uscita vi verrà regalata la calamita del Papa!)

Fin dalle pareti esterne, il Padiglione propone due spunti di riflessione: “Non di solo pane vive l’uomo” e “Dacci oggi il nostro pane”. La visita inizia prima dell’ingresso, perché i visitatori sono accolti personalmente dai volontari. Il percorso espositivo procede illustrando in cinque scene le dimensioni ecologica, economico/solidale, educativa e religioso-teologica del tema. Nella quarta scena (“Educarsi all’umanità”), è proposta una tavola in legno sulla quale sono proiettati tutti gli ambiti della vita quotidiana in cui si può agire responsabilmente per cambiare il mondo.

Romania  DX  NON CONSIGLIATO

Lo sforzo di “unire tradizione e modernità”, come annunciano le guide del padiglione Romania, non sembra molto riuscito. La struttura introduce vagamente il concetto, la visita all’interno lo annichilisce. Non è sufficiente l’accostamento di paglia, legno e vetro (quest’ultimo indicherebbe la modernità). Diciamolo: oltre al flauto di Pan dimensione extra large, al visitatore resta ben poco da ammirare.

L’accesso principale all’area espositiva richiama l’aspetto di un flauto di Pan. Il piano terra rievoca un viaggio attraverso le bellezze naturali della Romania. Il primo piano dà invece spazio a un’interpretazione contemporanea della tipica abitazione di un villaggio, posizionata sul delta del fiume Danubio, in legno e vetro e circondata da un ampio giardino. La Romania ha affidato il suo racconto a un personaggio tipico del folklore locale: Lia (CIocârlia), una ragazza dalla voce incantevole che secondo la leggenda si innamorò delSole trasformandosi in uccello per raggiungere l’amato.

Francia   CONSIGLIATO

I francesi partono da un concetto: per nutrire 10 miliardi di persone nel 2050 (il 70% nelle città) è necessario “ripensare la catena alimentare dal campo al piatto”. Le Pavillon France è seducente fuori (un campo-orto-giardino), elegante e intelligente dentro (una via di mezzo tra una cattedrale e un mercato).Cibo a buon mercato (baguette,macarons,croissant e crepes)che vi inebrieranno con il loro profumo (mescolato a quello di lavanda).

L’edificio costituito principalmente di legno lamellare, su uno spazio di 3592 metri quadri, è ispirato a un luogo simbolo della cultura alimentare francese: il mercato coperto. Il padiglione si ispira difatti ai tipici mercati che si trovano in molte città della Francia, che ben rappresentano il tema generale di Expo Milano 2015, con l’accento sull’autosufficienza alimentare, l’accesso al cibo e la dimensione qualitativa dell’alimentazione. Realizzato dallo studio parigino XTU Architectes

Messico  DX  CONSIGLIATO

Il padiglione del Messico inizia con giochini interattivi/foto da stampare all’uscita.Piccolo ma ben fatto,con il personale che da spiegazioni brevi,concise ed esaudienti ogni qualvolta si arrivi davanti ad uno dei 5 punti salienti del padiglione.Sopra una terrazza sancisce la fine del percorso.

L’architetto Almada, insieme con Jorge Vallejo e la consulenza del biologo Juan Guzzy, ha ideato le forme del padiglione basandosi sull’alimento messicano più caratteristico, il mais. Alla forma di una grande pannocchia di mais si ispira infatti la grande struttura esterna, che copre il padiglione di 1910 metri quadri, collocato in una posizione privilegiata, all’incrocio dei due viali principali. All’interno trova spazio la più ricca esposizione di prodotti tipici, contornati da un flusso d’acqua che dà vita ai giardini e accompagna i visitatori in rampe elicoidali, alla scoperta della ricchezza gastronomica, ecologica e culturale del Messico.

Israele  NON VISITATO

L’elemento caratterizzante del Padiglione di Israele è il “giardino verticale”: una parete lunga 70 metri e alta 12 interamente adorna di piante vive, i cui fiori e colori cambieranno con il passare delle stagioni. Il Padiglione offre al visitatore un’esperienza divisa in due fasi. Nel primo spazio, attraverso film 3D ed effetti multidirezionali, è illustrata la storia dell’agricoltura israeliana. Uno dei film presentati racconta il piano di rimboschimento di Israele portato avanti dal Fondo Nazionale Ebraico (KKL). Nel secondo spazio una tappezzeria luminosa di led danza in ogni direzione.

Palazzo Italia  CONSIGLIATO

A qualsiasi ora, troverete gente in coda (attenzione che verso le 20.30 bloccano l’accesso). Nel cortile, quattro schermi sono connessi in streaming con omologhi in quattro mercati d’Italia: voi vedete chi fa la spesa, loro vedono voi. All’interno, la mostra su tre piani: tema, la potenza del sapere fare, della bellezza, del limite e del futuro. Si parte con le «statue parlanti» (volti proiettati su manichini) di imprenditori italiani, si passa dalla «distress room» (una stanza attraversata da lampi di luce, rumorosa e dissestata) e di fronte a 21 schermi con catastrofi ambientali dai Tg degli ultimi 60 anni. Poi, la bellezza: tre stanze di specchi, in cui sono proiettati rispettivamente paesaggi naturali, architetture, interni d’Italia. Toccante, come il video del crollo della basilica di Assisi durante il terremoto e il grande quadro «Vucciria» di Guttuso, a cui si arriva dopo un percorso al buio (fatto dall’Istituto ciechi) nei mercati italiani (ore 10-17). Più didascalico il plastico dell’Europa da cui è stata tolta l’Italia.
Nel cardo (la strada che taglia in due il Decumano) Padiglioni e piazzette sono dedicate a regioni, province e prodotti tipici. Alcune ruotano, altre sono fisse. Molte organizzano eventi, ma tante sono solo vetrine. C’è lo spazio di Woman for Expo, quello della Croce Rossa, il contestato e rinnovato angolo della Lombardia. Presenti Calabria (con un’aiuola di piante tipiche), Sicilia con due statue antiche, Piacenza. Da Granarolo giochi interattivi sul latte (e vi regalano una poesia), mostra su agricoltura e biodiversità (dai pomodori neri al mais rosso) da Coldiretti. E poi le altre attrazioni che trovate in queste due pagine.

Il Padiglione Italia è costituito da nove punti di attrazione. In uno di questi, Palazzo Italia, è collocata un mappa dell’Europa nella quale manca l’immagine dell’Italia. Una voce, anticipata da una sirena, si chiede come sarebbe il mondo se non ci fosse stato il nostro Paese, mentre vengono proiettate le principali bellezze artistiche, culturali, gastronomiche, le scoperte geografiche e le opere dell’ingegno collegate ai nostri connazionali.

Slovenia  DX  NON CONSIGLIATO

Video,Piante,Video,Piante.

Cinque piramidi di legno e vetro ripropongono il tipico paesaggio montuoso della Slovenia. Al termine della visita, che culmina in uno spazio aperto con viti, ulivi e una mini-foresta vengono donati a ciascuno cinque chicchi di grano saraceno.

Svizzera  CONSIGLIATO

Prendete subito un biglietto (sono gratis) e salite sulle quattro torri. Contengono bustine di caffè (la Svizzera lo produce, chi l’avrebbe detto), rondelle di mele, cubetti di sale e bicchieri da riempire d’acqua. Potete prenderne a volontà, ma chi verrà dopo di voi potrebbe non trovarne più (capita spesso).Suggestivo anche il modello in granito del San Gottardo (potete far piovere grazie a un sistema di scoli).

Primo Paese ad aderire a Expo Milano 2015, tra i primi a completare la struttura architettonica all’interno del Sito Espositivo. Il Padiglione svizzero – con una superficie di 4432 m2 – presenterà una grande piattaforma aperta con quattro torri visibili da lontano, riempite di prodotti alimentari. I visitatori accedono alle torri attraverso gli ascensori e, una volta arrivati in cima, possono servirsi di prodotti. Man mano che le torri si svuotano le piattaforme sui cui poggiano si abbassano, modificando la struttura del Padiglione svizzero. Il progressivo svuotamento delle torri è registrato in tempo reale e può essere seguito anche sui media sociali.  

Austria  DX  CONSIGLIATO

Visto che il 48% dell’Austria è formata da boschi…anche il padiglione è coperto per il 48% da un bosco (con alberi piantati qui da Dicembre 2014. L’idea di base è semplice: senza acqua e senza cibo non si sopravvive, senza aria non si vive. il motto è «Breathe Austria». La temperatura è di 5°C inferiore a quella del Decumano quindi posto ottimo per rinfrescarsi.Originale la scelta dell’aria.

Il Padiglione dell’Austria riproduce il microclima di un bosco austriaco. Ai visitatori è proposta l’esplorazione di uno spazio che, in assenza di climatizzazione, sarà raffreddato dal naturale effetto rinfrescante della evapotraspirazione delle piante.

Cile  DX  NON CONSIGLIATO

Video ed installazioni interattive che vi permettono di scoprire e giocare con la gastronomia nazionale. E verso la fine  La Tavola del Cile, opera di 48 metri in legno della Patagonia, in grado di accogliere più di un centinaio di commensali. Potete accomodarvi anche voi.Ma anche NO.

L’accesso al Padiglione del Cile – un’architrave in legno sollevata da quattro pilastri di cemento che vuole ricreare l’orizzonte temperato tipico dell’architettura cilena – è un punto relax con tavoli e panche. In un percorso d’ingresso della durata di 3-5 minuti sono protettati i contrasti tipici di questo territorio. L’itinerario è accompagnato da tavole interattive, proiezioni immersive in 3D 4k, ricorso alla realtà aumentata.

Ecuador  NON CONSIGLIATO

Il coloratissimo padiglione è presidiato da Boobie, la mascotte: una Sula piediazzurri, uccello marino locale.
All’interno Un sistema di ologrammi e odorama vi permette di sentire il profumo di banana, cacao, rose, gamberetti… Sotto i vostri piedi una grande pianta del Paese, intorno video sulle quattro regioni. Saltabile il filmato della sala dopo, da ufficio turistico come al solito. Ogni sabato dalle 12, ogni due ore, vi insegnano un balletto: la Boobie Dance.Per i più piccoli.               

Nello spazio-museo fluttuano ologrammi 3D di cacao, rose, quinoa e altri elementi, con un sistema tecnologico che ne riproduce i profumi.

Iran  DX  NON CONSIGLIATO

Il padiglione della Repubblica Islamica è una tenda gonfiata dal vento. Riproduce una collinetta dominata da rosmarino, accompagnato da qualche altra pianta tipica del territorio.Il tutto va a scaturire come al solito in boutique e ristorante.

Il Padiglione dell’Iran è una tenda gonfiata dal vento con un soffitto ricoperto di specchi. È quindi possibile passeggiare nel verde osservando i riflessi prodotti dagli specchi. Durante il semestre saranno proposti spettacoli tradizionali.

Germania  CONSIGLIATO

Dopo l’Italia, è il padiglione più grande di Expo. Sormontato da vele bianche, propone due visite: una interna all’esposizione, una esterna sulla rampa (qui sono raccontati i Länder federali) e in terrazza, l’area relax e picnic. Per scendere? C’è uno scivolo.
Si  parla di acqua, terra, clima, biodiversità e alimenti. Un giardino dà suggerimenti per coltivare o usare le piante (portatevi via i foglietti coi consigli). Chiude lo show musicale sulle api «Be(e) Active».

La prima parte del percorso del Padiglione tedesco illustra le fonti dell’alimentazione (suolo, acqua, clima e biodiversità). Nello spazio “Il mio giardino di idee” ogni visitatore può interagire con il materiale esposto per ottenere ulteriori informazioni multimediali. Il gran finale è lo show “Be(e)active”: i visitatori possono sperimentare un volo sulla Germania (attraverso 3mila schermi che proiettano paesaggi tedeschi) dalla prospettiva di due api in volo, il cui movimento è diretto da un direttore d’orchestra.

Kuwait  CONSIGLIATO

Da fuori ammalia per la sua bellezza. Dentro accontenta amanti degli effetti speciali, patiti delle atmosfere d’Oriente e bambini.Carina la riproduzione del suq arico di colori e profumi di spezie e la cascata di acqua all’ingresso.

La struttura del Padiglione richiama le imbarcazioni kuwaitiane, i Dhow, tuttora utilizzate nel Golfo Arabico. La facciata laterale presenta un esempio delle serre e dei sistemi di coltura idroponica diffusi nel Paese. La prima sezione del percorso illustra le caratteristiche del territorio e del clima del Kuwait; nella seconda viene mostrato come lo studio e la ricerca scientifica abbiano permesso di creare un habitat ospitale e fertile; nell’ultima sezione, i visitatori possono immergersi in prima persona nella cultura kuwaitiana.

Stati Uniti  NON CONSIGLIATO

Questo Padiglione è uno di quelli che mi ha deluso di più in assoluto.E’ formato da un breve disimpegno composto da cartelli telematici e non,una terrazza con musica “gggiovane” ed un american bar.Punto di forza potrebbe essere la piazza con i tracks con il cibo…Di più no.

Il Padiglione – al quale si accede tramite una passerella in legno recuperato dal lungomare di Coney Island – si ispira a un tradizionale granaio americano e si sviluppa come una struttura aperta su più piani. L’elemento distintivo del Padiglione è la grande ‘fattoria verticale’, da cui si otterrà un raccolto quotidiano.

Marocco  DX  CONSIGLIATO

Secondo i bambini questo è uno dei padiglioni più belli.Forse perchè il Marocco ha saputo creare un percorso di colori ed odori con semplicità.Un oasi di pace nel caos del Decumano.

Il Padiglione ricorda una cittadella fortificata araba. Il Paese mette in risalto tutte le ricchezze della sua terra, come il rinomato olio di Argan, lungo un percorso che presenta video e istallazioni. Attraverso esperienze che coinvolgono tutti i sensi, il Marocco riesce a trasportare i visitatori alla scoperta della sua cultura e delle sue risorse naturali. Al termine della visita, ci si può rilassare nel tipico giardino mediterraneo, con palme, olivi e aranci.

Turchia  NON CONSIGLIATO

Il padiglione colpisce più per gli spazi dedicati all’ozio che per i contenuti esposti.Arioso.

Il Padiglione richiama un melograno stilizzato (“nar”) e ospita un giardino di platani dove degustare il tè ottomano, circondati da chioschi e aree mercato.

Monaco  NON CONSIGLIATO

Da un principato come quello di Monaco forse ci si aspetta un’eleganza “luxury”. Invece la scelta è caduta su casse di legno e container, come in un porto. Temi: salvaguardia dei mari, in primis. E poi cooperazione.

Lo spazio espositivo del Principato di Monaco, che si estende su un lotto complessivo di 1.010 metri quadri, nasce da un progetto dell’architetto italiano Enrico Pollini e si propone come uno spazio capace di incoraggiare il pubblico ad entrare da molti diversi punti d’accesso, riflettendo così sulle opportunità poste dall’ecologia, dal riciclo e dal riuso. Numerosi veri container merci sono impiegati con funzioni architettoniche, a ricordare sia il ruolo di nodo d’interscambio rappresentato dal Principato di Monaco sia le chance di riutilizzo creativo. Sul tetto in legno simile ai tendaggi d’emergenza un composto in sfagno, un muschio leggero e permeabile, consente la coltivazione di un orto di colture mediterranee. Sono presenti giardini verticali e un sistema di raccolta dell’acqua piovana. Il design interno, a cura dell’agenzia tedesca Facts and Fiction, farà fluire i visitatori in un tour libero scoprendo la gamma degli argomenti di sensibilizzazione proposti dalla Fondazione Alberto II di Monaco e dall’Istituto Oceanografico. A fine 2015 la struttura sarà smantellata e inviata a un progetto di aiuto della Croce Rossa in Burkina Faso.

Qatar  DX  CONSIGLIATO

La visita inizia da una tavola imbandita con i piatti tipici della tradizione: scopriteli con gli schermi touch. Poi una scala mobile vi porta in cima al paniere (tipico cesto). Al centro, un «Albero della vita» tecnologico, fatto di luci: cadono i frutti e la vostra discesa avviene in contemporanea alla virtuale raccolta. Nel tipico suq (il mercato) degustate il tè e fatevi un tatuaggio all’henné.

Nello spazio del Padiglione, a forma di cesto, è possibile assistere a uno spettacolo interattivo.

Giappone  NON CONSIGLIATO

Ci risiamo con le file interminabili dovute ai percorsi obbligatori ed ai video che però sono molto più piacevoli ed interattivi in questo padiglione.Ho tentato di uscire prima della fine del percorso e sono stata assalita da Hostess Giapponesi indemoniate 😀

Il Padiglione del Giappone, composto da 17mila pezzi di legno incastrati tra loro in modo da lasciar penetrare la luce solare, ospita un ristorante da dieci tavoli sedendosi ai quali è possibile fare un pranzo virtuale. Il cibo, infatti, appare sul piano del tavolo con una spiegazione delle sue caratteristiche.

Slovacchia  NON CONSIGLIATO

Una delle parti più apprezzate da chi visita il padiglione slovacco è fuori dall’ingresso: una distesa di sedute a sacco in cui sprofondare e riposarsi. E perché il tema è «Ricaricarsi», ci sono anche le prese per il telefono.Anche all’interno la visita continua con diversi modi di interagire (vi verrà consegnato anche un tablet a riguardo).Carino ma non speciale.

Un luogo dove ricaricarsi: l’area relax esterna al Padiglione della Slovacchia – composto da un cubo di listelli di legno con una cascata che alimenta un sistema di mulini – ospita infatti delle sedie a sacco dove è possibile alimentare i propri smartphone e tablet.

Russia  CONSIGLIATO

Il padiglione Russo ci piace per gli assaggini Gratis di Dolcetti Russi e Vodka e per la terrazza con lounge bar con vista.All’interno esposizioni di quadri di arte contemporanea.

Il concept della struttura è stato sviluppato dallo studio Speech, guidato dagli architetti Sergei Choban, Alexei Ilin eMarina Kuznetskaya. Situato su un’area di oltre 4.000 metri quadri, il Padiglione russo è ampio e dinamico e il suo design trae origine nella forma e nella tradizione dei padiglioni sovietici e russi delle precedenti Esposizioni Universali alle quali il Paese ha partecipato.

Turkmenistan  DX  NON CONSIGLIATO

Un viaggio nel tempo , si torna indietro di trenta anni.Un viaggio nell’Unione Sovietica degli anni 80. Il padiglione dovrebbe ispirarsi al tema «Acqua è vita», ma l’unica testimonianza in materia resta la fontana scenografica all’ingresso.

Il Padiglione, ispirato al tema “Acqua è vita”, si apre su una fontana scenografica, punto di maggiore attrazione.

Estonia  NON CONSIGLIATO

Tecnologia (l’Estonia è la patria di Skype)e video (strano) su balli tipici e natura.Carine le altalene (i kiik)che segnalano live l’energia prodotta.

Il focus del Padiglione sono i tipici dondoli (“kiik”): facendoli oscillare si può generare energia elettrica.

Indonesia  DX  NON CONSIGLIATO

È un padiglione piccolo, dove caffè, spezie e cacao si alternano a video, raccontando la cultura gastronomica locale.

Attraverso lo spettacolo “Oculus”, l’Indonesia propone un viaggio virtuale nel suo Paese, grazie a un’immersione in immagini e suoni che danno ai visitatori l’impressione di essere sull’arcipelago.

Oman  NON CONSIGLIATO

Atmosfera da Oasi nel Deserto apprezzabile.Contenuti zero.

Il grande Padiglione rappresenta una cittadina che richiama le architetture tipiche del sultanato.

Info

I padiglioni nazionali sono spazi costruiti autonomamente – sia come progetto sia economicamente – dai paesi partecipanti, che hanno un tema personale collegato a quello generale di Expo “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Il numero cinquantatré è un record assoluto per le Esposizioni Universali, superiore a quello di Shanghai 2010, in cui i padiglioni furono 42. Queste strutture sono molto diverse tra loro, essendo state progettate e costruite in autonomia dai vari paesi: le uniche regole base erano di mantenere un 30% dello spazio dedicato ad aree aperte o a uno spazio verde, un’altezza massima di 17 metri e c’era l’obbligo di installare un’area di ristorazione all’interno del proprio lotto (l’Olanda, per esempio ha fatto praticamente solo quello, con furgoni di cibo da strada). Per ora l’unico padiglione che resterà dopo Expo è il Palazzo Italia, il padiglione ufficiale dello Stato Italiano.

Cose da fare

Lo spazio dedicato a Slow Food pare essere molto suggestivo, quasi mistico, quasi sacro. Saranno gli ulivi piantati nell’area, sarà che sorge sulla Collina Mediterranea che domina dall’alto il resto di Expo. La struttura sarà composta da materiale completamente riciclabile, ci sarà l’orto, e poi ci saranno aree tematiche sul vino e sul formaggio.Per chi ama i gadget, sappiate che con 8 euro potrete degustare 4 tipi di formaggi (10 euro con un bicchiere di vino) e portarvi a casa un piatto di legno e un bicchiere.

Dove si trova?In fondo al Decumano,dopo il padiglione dell’Oman.

– All’interno di Expo si potrà fare la spesa. Nel Future Food District (lo spazio pensato in collaborazione con Coop) si farà la spesa del futuro in un supermercato 2.0 dove il personale al lavoro saranno dei robot. E’ qui che si potranno acquistare gli snack a base di insetti, ma anche tantissime alghe.

Dove si trova?Dietro al Padiglione della Spagna.

I 10 Padiglioni dove si mangia meglio

1 – Padiglione Giappone

Il Padiglione del Giappone è senza dubbio uno dei più allettanti. La passione per la cucina giapponese dilaga e parecchi piatti appartenenti alla tradizione nipponica sono entrati a far parte della nostra cultura. Quì, tra gli altri, è possibile gustare un ottimo curry giapponese di riso e verdure a soli 8 euro, oltre che degli irresistibili california rolls.

2 – Padiglione Israele

Anche il Padiglione Israele si rivela essere il luogo ideale nel quale perdersi in un vortice di gusto. Tra le tante pietanze da assaggiare troverete i falafel, l’hummus e la shawarma, tipici esempi di cucina da strada che piacciono a tutti.

3 – Padiglione Argentina

Famosa per i suoi piatti a base di carne, ad Expo2015, nel Padiglione dell’Argentina, potrete gustare una ricca parillada mista, composta da costine, salsicce e patate. Per chi se lo fosse perso, invece ecco, sempre per rimanere in tema, il matambre argentino.

Io Personalmente ho mangiato qui a pranzo e mi sono trovata benissimo.Con 10 euro ho preso degli spiedini di carne argentina con patate al forno e da bere incluso.

4 –  Padiglione Olanda

Anche l’Olanda spicca ad Expo Milano. L’ingresso del Padiglione porta ad un ristorante coperto la cui strada è però occupata da una serie di camioncini con annessi street food: come non citare il famoso cartoccio di patate fritte o ancora hamburger, formaggi e dolci dai nomi impronunciabili per i quali sono in molti a fare la fila?

Ho mangiato anche qui un buonissimo,anzi DELIZIOSO  Sandwich Dutch Stew con 7,50 euro.

5 – Padiglione Messico

Da visitare anche il Padiglione Messico la cui forma ricorda quella di una pannocchia bianca sulla cui sommità ha sede il ristorante Bésame Mucho. Quì da provare il tacos al Pastor, un simil kebab con una base di tortilla di mais riempita di carne di maiale marinata con una salsa a base di spezie e peperoni, ed accompagnata con ananas e pomodoro.

6 – Padiglione Colombia

Eccoci al padigione della Colombia. Quì da gustare assolutamente un’ottima empanada da accompagnare rigorosamente con una delle tante varietà di caffè locale. Ancora, il Patacón, un piatto a base di platano fritto condito con formaggio e carne, ed infine il succo di numerosi frutti particolari, come quello di guava, di mango, di mora e di lulo.

7 – Padiglione Marocco

Anche il padiglione del Marocco promette di stupire chi abbia la fortuna di assaggiarne le preparazioni tipiche. Non perdete, ad esempio, la tajine di pollo, piatto unico cotto nella tradizionale pentola caratteristica che potrete gustare per soli 10 euro.

8 – Padiglione Italia

Beh, che dire? Un pizzico di nazionalismo per la patria della buona cucina ci sta tutto. Inutile elencare le specialità che potrete trovare, ma che vale assolutamente assaggiare, preparate dai migliori chef del Paese. Nel Palazzo Italia c’è l’esclusivo ristorante di Peck. Sul Cardo, in ordine sparso: vassoi con salumi misti da Citterio, da mangiare in terrazza (4/7 euro) oppure pizza e pasta da «Ecco Pizza & Pasta» (sui 10 euro), che mette a disposizione parecchi tavolini. Voglia di montagna? Nello spazio dell’Alto Adige (gettonatissimo), dominato da tronchi di albero e sviluppato su più piani, potete assaggiare per esempio i brezel con lo speck (6 euro) o lo strudel di mele. Ci sono il bar della Lavazza e quello di San Pellegrino, mentre sull’angolo che affaccia sull’Open Air Theatre trova spazio il chiosco di gelati di Rigoletto, con gusti classici o con prodotti del territorio (da 3 euro).

9 – Padiglione Malesia

Se non avete mai assaggiato i satay, dovete rimediare. Il padiglione della Malesia offre, tra gli altri, i famosi spiedini speziati ad un prezzo accessibile a tutti, per un tuffo virtuale nel meraviglioso Stato, crocevia di etnie e culture.

10 – Padiglione Bielorussia

Che estate sarebbe senza gelati? Nel padigione della Bielorussia ne troverete uno pronto a stupirvi: quello alla vodka, tra i più gettonati ad Expo2015.

 

Come Arrivare

Con il tram
Utilizzando il biglietto ATM urbano è possibile raggiungere Expo Milano 2015 grazie alle due linee della rete tranviaria 12 e 19. I due tram percorrono il centro di Milano e arrivano all’ingresso Est Roserio Orogel, in prossimità della Collina Mediterranea e del Biodiversity Park.

  • Il 12 parte da viale Molise, percorre il centro storico della città da Piazza Cinque Giornate al Duomo, da Brera a via Procaccini, salendo attraverso Piazza Firenze e arrivando al capolinea in via Grassi in corrispondenza dell’Ospedale Sacco.
  • Il 19 parte da Piazza Ventiquattro Maggio e sale verso via Vigevano, Conciliazione e Corso Sempione, coprendo tutta la zona ovest della città terminando la corsa al capolinea di fronte all’Ospedale Sacco, come il 12.

Giunti al capolinea basta attraversare un ponte pedonale per raggiungere l’ingresso Est Roserio Orogel di Expo Milano 2015. Qui sarà possibile acquistare il biglietto per l’Esposizione Universale.

Con la metropolitana

Per raggiungere il Sito Espositivo con la metropolitana è possibile utilizzare la linea 1 e seguire le indicazioni per la stazione di Rho Fiera Milano. La linea 1 rossa transita per le stazioni di Duomo, Cadorna e si interconnette con tutte le altre linee metropolitane. Il tempo di percorrenza previsto è di circa 25 minuti da Piazza Duomo, 35 minuti dalla Stazione Centrale, 20 minuti dalla Stazione Cadorna e 30 minuti dalla Stazione Garibaldi. È necessario munirsi di biglietto extraurbano. La stazione metropolitana di Rho Fiera Milano è direttamente collegata con l’accesso Ovest Fiorenza- San Carlo. A pochi metri dalla stazione è possibile raggiungere il piazzale dei controlli tramite un nuovo gruppo di scale.  All’accesso sono presenti biglietterie e servizi al visitatore. Passati i controlli il visitatore percorre la passerella pedonale Expo-Fiera (PEF) per raggiungere il Sito.

Con Trenord, treni regionali e suburbani

Per giungere al Sito Espositivo in treno è sufficiente seguire le indicazioni per la stazione di Rho Fiera EXPO Milano 2015 . Il tempo di percorrenza previsto per raggiungere il Sito Espositivo è di circa 19 minuti dalla Stazione Garibaldi. Le linee suburbane S5-S6 e la nuova S14 da Rogoredo collegano direttamente Rho Fiera EXPO Milano 2015 con le stazioni milanesi del Passante, la linea S11 serve invece chi proviene da Monza, Seregno, Como; nella stazione di Rho Fiera EXPO Milano 2015 inoltre fermano tutti i treni delle linee regionali da Arona, Domodossola, Varese e Torino. Consulta e scarica lo schema completo delle linee suburbane e della linee regionali per scoprire come raggiungere il sito direttamente in treno.

Raggiungere Expo Milano 2015 con le Frecce Trenitalia

Il collegamento ferroviario ad Alta velocità si serve, in corrispondenza dell’accesso Ovest Triulza – Orogel del Sito Espositivo, della nuova fermata dedicata servita anche dalle linee suburbane regionali e dalla linea 1 della metropolitana. Expo Milano 2015 ha fra i suoi partner TRENITALIA come vettore ufficiale: per tutta la durata dell’evento, i treni della rete nazionale e internazionale fermeranno nella stazione di Rho Fiera Expo Milano 2015 in prossimità dell’ingresso del Sito Espositivo. Trenitalia offre diverse soluzioni per raggiungere Expo Milano 2015. Saranno infatti disponibili 19 Frecciarossa, 18 Frecciabianca, 4 Intercity notte e 26 treni da e per la Svizzera e la Francia, per un totale di 67 fermate speciali. Durante i sei mesi dell’evento, Milano sarà raggiungibile con 236 corse al giorno, di cui 148 Frecce Trenitalia, e con oltre 130.000 posti al giorno tra collegamenti nazionali e internazionali.

Con l’auto

Con l’auto è possibile giungere ai parcheggi, disponibili su prenotazione di:

  • Arese (collegato con navetta gratuita con l’accesso Est Roserio – Orogel)
  • Fiera Milano (collegato con navetta gratuita con l’accesso Ovest Fiorenza- San Carlo)
  • Trenno (collegato con navetta gratuita con l’accesso Est Roserio – Orogel)

Como

Domenica sarò per la prima volta a Como (solo 3 ore,sigh)…cercherò di fare almeno qualcosina ispirandomi a questo Itinerario!

Qualcuno c’è mai stato?!!

Il centro più importante è Como, la città che dà il nome al lago, con i suoi pregevoli monumenti, il grazioso centro storico e gli scorci suggestivi. Se battelli e aliscafi sono un’ ottima occasione per ammirare la città e godere appieno della bellezza del paesaggio, per godere di un panorama più ampio non c’è mezzo più adatto della funicolare che collega Como a Brunate. La seconda città per importanza è Lecco, famosa soprattutto per essere la cittadina dei Promessi Sposi.  Altrettanto suggestivi sono i paesi del lungolago come Cernobbio, sede di grandi ville signorili come Villa d’Este e Villa Erba, e Bellagio, nota come la “perla del lago” per il suo scenario attraente. Semi sconosciuta ma molto affascinante l’isola Comacina, un piccolo gioiello verdeggiante circondato dalle acque del Lago, nella quale sono stati trovati insediamenti risalenti all’epoca romana, ragion per cui gli studiosi amano definirla la “Pompei Lariana”.

Duomo di Como

Considerato uno dei monumenti più belli dell’Italia del nord, il Duomo di Como è un edificio complesso e articolato, iniziato nel 1396 e completato nel 1740 con l’elevazione della cupola di Filippo Juvara, architetto del re di Sardegna. La costruzione comasca, eretta in sostituzione della cattedrale romanica di Santa Maria (1015), pur presentando diversi stili (facciata gotica, fiancate e portali laterali rinascimentali), conserva un insieme armonioso e grandiosamente unitario. L’imponente facciata con guglie e pinnacoli è ricca di decorazioni scultore, in gran parte opera della bottega di Giovanni Rodari alla quale si devono in particolare, le due edicole dedicate agli scrittori latini Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, e le decorazioni dei tre portali, il sinistro dei quali viene detto “della Rana” per via di una rana raffigurata sulla lesena della porta che saltando fuori da uno stagno si arrampica sul fogliame in atto di sorprendere una farfalla. L’interno di stile gotico è diviso in tre navate divise da 10 pilastri e conserva numerose opere di notevole importanza. Tra queste: tele di Bernardino Luini (Adorazione dei Magi) e Gaudenzio Ferrari (Sposalizio della Vergine e Fuga in Egitto), arazzi rinascimentali (alcuni su disegni di Giuseppe Arcimboldi), la pala cinquecentesca di Sant’Abbondio, protettore della città, il tempietto battesimale del 1590 e i due leoni stilofori romanici provenienti dall’antica chiesa di Santa Maria.

Dove: Piazza del Duomo.
Quando: tutti i giorni dalle 8 alle 18:30.

Chiesa Sant’Abbondio a Como

Edificata alla fine dell’ XI sec. sull’area della chiesa paleocristiana dedicata ai Santi Apostoli Pietro e Paolo, la basilica di Sant’Abbondio è un magnifico esempio dell’architettura romanica lombarda nonché un capolavoro dei maestri comacini, ovvero di quei muratori – architetti – scultori che diffusero lo stile longobardo, non solo in Italia ma anche in tutta Europa. Costruita dai monaci benedettini, la chiesa intitolata al quarto vescovo di Como subì a partire dal ‘500 notevoli rimaneggiamenti che ne alterarono l’aspetto originario, fortunatamente recuperato grazie al restauro compiuto nell’800. La facciata in pietra di Moltrasio è segnata da possenti lesene che la dividono in 5 sezioni in corrispondenza delle navate interne, e da un bellissimo portale fregiato da sculture a bassorilievo. Interessante il doppio campanile di ispirazione nordica. L’interno, a cinque navate suddivise da alte colonne ornate da preziosi capitelli, custodisce nella parte absidale lo splendido ciclo di affreschi del 1300, opera del Maestro di S. Abbondio, che raccontano in venti scene la storia di Cristo.

Dove: Via Regina Teodolinda.
Quando: tutti i giorni 8.00-18.00; nei mesi invernali 8.00-16.30.

Palazzo Broletto a Como

Antico palazzo comunale, il Broletto (dal termine latino “brolo”, ossia campo, spazio all’aperto in cui si riunivano i cittadini e quindi per estensione il luogo preposto allo svolgimento delle assemblee cittadine) fu costruito nel 1215 per volontà del podestà Bonardo da Cadazzo accanto alla Cattedrale, quasi a voler simboleggiare la continuità tra autorità civile del vescovo e il nuovo potere comunale che estendeva il proprio controllo sul territorio diocesano. Il Broletto si compone di un corpo a due livelli (pianterreno ad arcate e primo piano ornato da trifore) a fasce marmoree bianche, grigie e rosse da una torre eretta secondo la tecnica del bugnato. Nel corso del tempo il palazzo in cui vi si tenevano le assemblee dei cittadini e vi si amministrava la giustizia, ha subito molte modifiche e rimaneggiamenti. Nella seconda metà del ‘400 una buona parte dell’edificio venne demolita per lasciare più spazio al Duomo in rifacimento; nel 1764 fu trasformato in teatro; in seguito fu utilizzato come archivio notarile fino alla fine dell’800. Restaurato più volte a partire dal 1899, solo nel 1972 è stato riportato alle sue forme originarie. Attualmente il palazzo del Broletto, di proprietà comunale, è sede di mostre d’arte e congressi.

Dove: Piazza Duomo.

Tempio Voltiano a Como

L’edificio dalla forma di un tempio neoclassico eretto sul Lungolago celebra la figura e l’opera del grande fisico comasco Alessandro Volta. Il museo, ideato e finanziato dall’industriale e mecenate Francesco Somaini, fu eretto in occasione del primo centenario della morte dell’inventore della pila (1927) per ospitare gli strumenti scientifici a lui appartenuti. Molti di questi sono originali, altri sono ricostruzioni di quelli che l’incendio del 1899 distrusse durante l’Esposizione Internazionale di Elettricità. Il corpo principale del mausoleo sormontato da una cupola emisferica è preceduto da un ampio pronao con le statue della Fede e della Scienza a cui si accede a mezzo di due rampe di scale simmetriche. L’interno si sviluppa su due piani. Nella sala centrale del piano terra sono messi in mostra gli apparecchi, le macchine e i dispositivi utilizzati dall’illustre scienziato per gli esperimenti di fisica e di elettrologia, e per lo studio dei gas e delle loro proprietà. La loggia al primo piano espone invece, cimeli, lettere, pubblicazioni, ritratti dello scienziato, uomo politico e professore Alessandro Volta, ed i riconoscimenti tributatigli durante la vita e dopo la morte.

Dove: Viale Marconi.
Quando: da mar. a dom. dalle 10 alle 12 e dalle 14 alle 16 (da Ottobre a Marzo); da mar. a dom. dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18 (da Aprile a Settembre).
Come: intero 3 €; anziani 1, 30 €; ingresso gratuito per ragazzi fino a 15 anni accompagnati.

Inaugurata nel 1894, la funicolare Como – Brunate collega il capoluogo al “balcone” lariano, ovvero il lago e la montagna, e regala un bellissimo colpo d’occhio su Como ed il suo lago dall’alto. Il “viaggio” infatti, comincia in una galleria e prosegue poi all’esterno dove le due piccole carrozze si arrampicano su una ripida pendice collinare permettendo di vedere lo splendido panorama. La funicolare è su un unico binario che raddoppia solo a metà tragitto dove le due vetture si incrociano. Il percorso, lungo 1084 metri che con la massima pendenza del 55%  supera un dislivello di circa 500 metri, consente di raggiungere in poco meno di 7 minuti il piccolo paesino di Brunate. Piacevole luogo di villeggiatura, frequentato soprattutto da comaschi e milanesi, Brunate è anche chiamato il “balcone” delle Alpi per i suoi incantevoli punti panoramici su Como, tutto il ramo del lago, la pianura lombarda, le Alpi con il Monviso e il Monte Rosa. Unica nel suo genere in Europa, l’ardita costruzione è tra le attrazioni più famose di Como. Anche se breve, il viaggio in funicolare è entusiasmante ed emozionante. Da provare.

Info: stazioni di partenza/arrivo: Piazza A. De Gasperi a Como, Piazza A. Buonacossa a Brunate.
La funicolare è in servizio dalle ore 6.00. alle ore 22.30, il sabato dalle ore 6.00. alle ore 24.00. Durante il periodo estivo, il servizio è prolungato fino alle ore 24.00.

Costo biglietto: ordinario € 2,90; andata e ritorno € 5,25.

Lecco

Lecco è la città che dà il nome al ramo orientale del lago di Como. La fama di Lecco è legata indissolubilmente ad Alessandro Manzoni che da questi luoghi trasse ispirazione per le vicende dei “Promessi Sposi”. Qui un po’ tutto ricorda il celebre romanzo e il suo autore: Pescarenico, il borgo lecchese esplicitamente citato da Manzoni, dove si rinvengono le tracce del convento di fra’ Cristoforo, i rioni cittadini di Acquate e Olate, identificati come i paeselli di Renzo e Lucia, la presunta casa di Lucia ad Olate e la chiesa dei Ss. Vitale e Valeria, considerata la parrocchia di don Abbondio, il promontorio dello Zucco su cui fino al 1938 si poteva ammirare il palazzo cinquecentesco di don Rodrigo, oggi completamente trasformato. Non manca poi il monumento a Manzoni eretto nell’omonima piazza e il museo Manzoniano ospitato nella villa in cui lo scrittore trascorse l’infanzia e l’adolescenza, dove sono esposti cimeli, manoscritti ed edizioni rare della famosa opera letteraria.

Meritano una visita anche Piazza XX Settembre, l’antica Piazza del Mercato, con la Torre Viscontea (XVI sec.), la Basilica di San Nicolò, ora Duomo cittadino, il Municipio ottocentesco (Palazzo Bovara) e il Ponte Azzone Visconti con le sue arcate. Costruito in epoca rinascimentale, il ponte serviva a collegare Lecco al Ducato di Milano ed ancora oggi rappresenta l’accesso alla città per chi arriva da Milano o Como.

Bellagio sul Lago di Como

Affascinante cittadina, nota per la sua posizione incantevole e il caratteristico centro storico, Bellagio è una località turistica d’eccezione. La cosiddetta “perla del Lago di Como” sorge romanticamente sulla punta del promontorio che divide il lago nei due rami di Como e di Lecco, in un suggestivo contesto paesaggistico. Abitazioni colorate, vicoli pittoreschi, caratteristiche scalinate, chiese antiche fanno del vecchio Borgo un luogo di grande fascino. Tra il ‘700 e l‘800, nobili e ricchi borghesi lombardi vi fecero costruire lussuose ville in cui trovavano ospitalità personaggi illustri, sia italiani che stranieri. Napoleone Bonaparte fu ospite del conte Melzi d’Eril a Villa Melzi, bellissima villa realizzata in stile neoclassico circondata da uno splendido giardino all’inglese puntellato da statue in cui amava sostare il pianista e compositore Franz Liszt. L’imperatore Francesco I, il kaiser Guglielmo, Alessandro Manzoni invece, soggiornarono nell’antica Villa Serbelloni, un complesso bellissimo immerso in uno spettacolare parco terrazzato fatto di sentieri, radure, piante esotiche e tanti roseti. Oggi la Villa appartiene alla fondazione Rockefeller di New York che ne ha fatto un centro di studi e convegni.

Giardini di Villa Melzi sono aperti da fine Marzo a inizio Novembre tutti i giorni, dalle 09:30 alle 18:30. Costo biglietto 6 €.

Il Parco di Villa Serbelloni si può visitare dal 22 Marzo al 3 Novembre tutti i giorni tranne il lunedì ed in caso di cattivo tempo solo con visite guidate per un minimo di 6 persone ed un massimo di 30 della durata di circa 1h30 con partenza alle 11.00 ed alle 15.30 dall’Ufficio della Promobellagio (P.zza della Chiesa di S. Giacomo – Torre medioevale).
Costo biglietto 9 €.
Attenzione
: durante il periodo in cui è in vigore l’orario solare, la visita pomeridiana è spostata alle ore 14.30.

Cernobbio sul Lago di Como

Elegante località turistica sulle rive del lago di Como e ai piedi del Monte Bisbino, Cernobbio deve il suo nome alla presenza di un antico convento cluniacense (Coenobium) edificato intorno all’anno mille. Cuore del paese è Piazza Risorgimento, anche conosciuta come la “Riva”, che si affaccia direttamente sul lago. Oltre che per i panorami incantevoli, Cernobbio è nota per la presenza di tante prestigiose ville. L’imponente Villa Erba costruita nel 1898, è un esteso complesso formato da casa padronale, foresteria, serre, darsena, scuderie, abitazioni di servizio, circondato da un ampio parco. Residenza nobiliare della famiglia di Luchino Visconti (il grande regista amava trascorrere qui le vacanze estive), la villa è oggi un importante polo congressuale che ospita manifestazioni ed eventi. Il tesoro più prezioso di Cernobbio è però la cinquecentesca Villa d’Este (così ribattezzata dalla principessa del Galles, Carolina di Brunswick, in onore delle sue presunte origini estensi), trasformata nel 1873 in un lussuoso albergo con arredi principeschi e un bellissimo giardino all’italiana con vista lago. Passeggiando lungo il lago si possono ammirare ancora, Villa Bernasconi in stile liberty, Villa Pizzo formata da due edifici, di cui uno sorge (Pizzo inferiore) sul lago, e la settecentesca Villa Fontanelle immersa in uno splendido parco.

Isola Comacina sul lago di Como

Unica isola del Lago di Como, l’isola Comacina è un luogo di grande fascino dove storia, natura e arte e archeologia si intrecciano in questo piccolo frammento di terra quasi disabitato. Una natura lussureggiante e un ameno paesaggio fanno da cornice ai resti del suo illustre passato di cittadella fortificata (prima romana poi bizantina), di importante centro religioso della diocesi di Como, di potente Comune del Lario fino al XII secolo quando i Comaschi, per punirne la fedeltà a Milano, la rasero al suolo (1169). Il Cavalier Caprani, ultimo proprietario dell’isola, ne fece dono al re Alberto I del Belgio il quale, mosso dal desiderio di farne la sede di una colonia di artisti, la donò allo Stato Italiano che la affidò all’Accademia di Belle Arti di Brera (1920). Tra i “tesori” dell’isolotto spiccano i ruderi della grandiosa chiesa romanica di Sant’Eufemia di cui sono visibili la divisione a tre navate e tre absidi, la bellissima cripta e il portico ad ali antistante, i resti di un colonnato marmoreo di epoca romana conservato sotto la chiesa di S. Giovanni, e le tre Case per Artisti realizzate tra gli anni 1936-40 dall’architetto Pietro Lingeri in stile Razionalista su esempio di Le Corbusier, destinate ad ospitare per brevi periodi artisti di fama internazionale in cerca di ispirazione.

Quando: dal 15 Marzo al 31 Ottobre, tutti i giorni dalle 10 alle 17; Luglio ed Agosto fino alle 18:30.
Come: per visitare l’isola è previsto il pagamento di un biglietto di 6 €; ridotto 5 €; bambini fino a 5 anni ingresso gratuito, da 6 a 14 anni 3,50 €. La biglietteria presso l’Antiquarium di Ossuccio è aperta tutti i giorni nei seguenti orari: 10.00–13.00 / 14.00–17.00.
Accesso all’isola: imbarco ad Ossuccio con Taxi-boat o Navigazione Lago di Como.


George i’m coming ❤

Trapizzino

Ieri ho CEDUTO al famoso Trapizzino.

Abito a pochi metri da uno dei due punti vendita (Lo trovate sia a Ponte Milvio che a Testaccio,ora in limited edition da Eataly)e ho sempre preferito non avventurarmi in questa nuova moda(solo perchè avevo paura della dipendenza che avrebbe potuto crearmi).Ieri ho ceduto ho voluto dargli una chance.

Esame passato con 10 e lode!

Il mio preferito per ora è quest’ultimo alla parmigiana di melanzane (OMG me sento male al pensiero).

Vediamo gli altri gusti disponibili :

-Polpo al sugo

-Pollo alla cacciatora

-Broccoli e salsiccia

-Zighinì (lo vedete nelle mie foto)

-Polpetta al sugo (lo vedete nelle mie foto)

-Bollito Picchiapò

-Coda alla vaccinara

-Misticanza di verdure alla romana

-Genovese

-Zucchine alla scapece con nodini di mozzarella

-Doppia panna (dicono che sia uno dei migliori)con Stracciatella di Burrata, Alici del Cantabrico

-Garofolato di manzo

-Involtino al sugo

-Trippa alla romana

-Insalata di baccalà e peperoni arrosto

-Caponata fredda di verdure

-Padellaccia di maiale

-Seppie con piselli

-Guancia Brasata

-Lingua in salsa verde

-Pollo con peperoni

Se non lo avete già fatto….PROVATELI!!!

(Prezzo € 3,50 l’uno)

Vespa 50 Primavera 4T

Dopo anni ed anni guido di nuovo un “motorino”.

Causa ” Abito a 5 km dal lavoro ma con i mezzi ci vuole un ora mentre con il motorino 15 minuti scarsi”,ho deciso di investire i miei averi nell’acquisto di una Vespa Primavera 50 4T.

Mi trovo benissimo sia per la portabilità sia per l’altezza (Non sono decisamente una Watussa)ed è anche bellissima ❤

Ovviamente ho festeggiato il nuovo acquisto da “Gli specialisti”,ristorante di cucina romana O T T I M A,che so trova a Ponte milvio e che dedica il suo esclusivo arredamente proprio alla Vespa Special (So Vintage).

Si mangia veramente bene ed il proprietario del ristorante è di una gentilezza e di una simpatia veramente elevata.

La cucina è quella di una volta ed i sapori ottimi!

Enjoy! (vi consiglio la mia pasta carciofi e guanciale….DIVINA)

Foro di Augusto – 2000 anni dopo

Precisamente un mese fa ho partecipato a questo evento (che tra l’altro doveva terminare qualche giorno fa ma è stato prolungato per la grande richiesta).

Sono andata senza ben sapere cosa mi sarei trovata davanti e ne sono uscita con una ricchezza interiore che mai mi sarei aspettata.

Innanzittuto QUI potrete acquistare i biglietti fino al 02/11/2014.

QUI e QUI

La descrizione con tanto di video.

Se potete…. ANDATE!!!